(Mighty Music) I genovesi No Man Eyes si formano due anni fa grazie a musicisti di provata esperienza: fra di loro c’è Andrew Spane, nome che magari a molti di voi non dirà nulla, ma che rimanderà i fanatici del power metal (come me) ai Graveyard Ghost e al loro godibilissimo album “Omega”. In ogni caso, questo debut cambia decisamente direzione musicale; anticipando le mie riflessioni finali posso dire che è ben fatto e concepito ma non ‘sfonda’, per la mancanza di un brano d’impatto o di un guizzo di particolare maestria. Subito la titletrack: un bell’esempio di melodic metal venato di progressive, incisivo e incalzante, ma con una produzione forse un po’ troppo scarna. Toni più cupi e serrati in “Isolation”, molto ‘nevermoriana’, e ci sono tanti spigoli, con occasionali concessioni a ritmiche estreme, anche in “Killing the Liar”. Potentissimo il ritornello di “Until the End”, mentre “Mystery of Life” gioca di nuovo con tonalità new thrash e blast beats. Durante l’ascolto, certamente “Hollow Man” mi ha catturato; ma temo che sia uno di quei dischi che solo con difficoltà si fissano nella memoria.
(Renato de Filippis) Voto: 6,5/10