(Karisma Records) Non hanno confini i norvegesi Oak. Ma ha ancora senso citare uno stile riconducibile a Ulver, Pink Floyd, Depeche Mode o Simon & Garfunkel… come in occasione del secondo lavoro (recensione qui)? Quello che è certo è che “The Quiet Rebellion of Compromise” non è cosa semplice, non è cosa prevedibile… ma ormai questa band norvegese manifesta uno stile personale, il quale ama sfuggire ad ogni stretta definizione tecnica o commerciale, andando oltre, abbracciando qualsivoglia direzione questa band voglia inglobare nella propria esperienza artistica. Album dinamico, che abbraccia riff intensi, passaggi di pianoforte, un sassofono suggestivo, il tutto con linee vocali intense ed una elettronica scelta con cura, con intelligenza, con infinito gusto. Brani come “Dreamless Sleep” diventano pura provocazione, un qualcosa al quale difficilmente si riesce a resistere. L’elettronica destabilizzante della lunga “Paperwings” coinvolge, mentre il magnetismo di “Guest of Honour” conduce lontano, molto lontano. Dietro questa musica eterogenea ci sono problemi psichici e casi umani che hanno condotto al suicidio… tanto che i fonts del titolo in copertina sono tratti proprio da vere lettere manoscritte lasciate da persone che hanno compiuto l’ultimo ed irreversibile gesto. Tante fonti di ispirazione, un processo creativo imponente, innovativo e imprevedibile. Gli Oak, con questo moniker così legato ad un senso di tradizione, magari di prog vecchia scuola, vanno oltre… diventano unici, diventano totalmente imprevedibili, diventano una entità musicale nuova, impattante, sconvolgente.
(Luca Zakk) Voto: 9/10