(Trollzorn Records) Ah, il viking metal! Quello originale e originario, dai suoni secchi e ghiacciati, amico del death, ma che non disdegna il contatto con il black! Quello che disegna scenari di guerra, ma anche di freddo implacabile, di natura nel pieno della sua furia, di divinità antiche e sanguinarie! Tutto questo nel settimo album degli Obscurity, che fanno dell’ortodossia ai fondamenti del genere la propria bandiera. E proprio per questo il disco dei tedeschi funziona, e funziona alla grande: al diavolo le sperimentazioni, qui abbiamo bisogno di fedeltà, di una fedeltà interpretata con un sogwriting grande nella sua elementarità, e con una produzione piena e frastornante! Superba la opener “Schicksal der Goetter” (‘Il Destino degli Dei’), dedicata naturalmente al Ragnaroek: potente, rabbiosa, terremotante. “Naglfar”, che narra della nave dei morti della mitologia norrena, ha addirittura un ritornello orecchiabile (compatibilmente, certo, con il genere e il piglio del disco); “Wodanheim” (‘La Terra di Odino’) si lancia impetuosa verso territori black, conquistati con furore e una sezione ritmica serratissima. Insuperabili i toni marziali di “Alter Feind” (‘L’antico Nemico’, ovviamente il cristianesimo), mentre la titletrack ha un uso delle tastiere che rimanda addirittura a Bathory e ai primordi del genere. “Dominion” è un carrarmato che va in una sola direzione; “Alte Zeichen” (‘Antichi Simboli’) sembra strizzare l’occhio al thrash, ma si tratta soltanto di un episodio, perché “Feld der Ehre” punta alle atmosfere pesanti degli Amon Amarth. Arriviamo alla chiusura con “Legiones Montium”, che si apre su toni acustici, ma procede poi con grande dinamismo e ferocia (anche se la pronuncia del latino sul refrain è assai incerta…). Un disco che, nella sua splendida prevedibilità, mi ha riconciliato con l’universo e con uno dei generi che più amo.
(René Urkus) Voto: 8/10