(MFSAM Records / Monk Records) Solo due brani, però sono decisamente granitici, immensamente pesanti e dannatamente lunghi, tanto che, messi assieme dentro questo quarto album, superano la mezz’ora di suoni laceranti, taglienti, decadenti. Si parte dal doom, c’è l’acidità dello sludge, esplode la melodia, ci sono stimoli mentali i quali, togliendo dall’equazione la voce, lasciano che siano chitarra, basso e batteria (ed archi!) a dipingere quella tela eterea, fatta di pennellate violente, di ombre invitanti, di oscurità minacciose, di costruzioni sognanti e maledettamente melodiche. Il trio belga divaga, invade non solo l’ossessione doom e sludge, ma affonda la lame della magia ipnotica del post metal, dando vita a della musica incisiva, tutt’altro che ripetitiva, tutt’altro che prevedibile. Musica nella quale abbandonarsi per percepire una nuova dimensione di immersione sensoriale, di viaggio mentale, di trip alterato da visioni tanto celestiali quanti diaboliche. I due brani offrono indicazioni per il percorso da seguire per una guarigione purificatrice delle nostre depressioni: ”Omniscient” illustra la deviazione celebrale del disturbo, seguita da “Omnipotent”, brano che già dall’imponente titolo mostra la manifestazione fisica e sociale di un male tanto invisibile quanto spesso terminale, mentre il brano che cresce, diventa grintoso, tuonante, esplosivo, in qualche modo pure epico. Riff intricati, complessi, avvincenti. Doom, certo, sludge, senza dubbio… la favolosa dimensione del post, ma tutti questi punti vengono collegati dalle linee incisive che solo la dimensione tecnica del prog riesce a offrire. Un abisso di tenebre rese luminose, un film mentale che tiene incollati alla poltrona, un turbinio sonoro e ritmico al quale è impossibile resistere.

(Luca Zakk) Voto: 9/10