(Dusktone) Certe volte il destino è proprio strano e si manifesta nelle piccole cose della vita. Saranno una decina di mesi che mi sono appassionato ai codici misteriosi del passato più o meno recente: il Codex Seraphinianus, il Liber Linteus, il codice Rohonc, il cifrario Beale, il libro di Soyga… Tutti testi e codici reali o inventati ma comunque pieni di fascino. Tra questi c’è anche il codice Voynich, un testo del XVI secolo di circa duecento pagine. Sfido chiunque a darci un occhio e a pensare che non contenga un linguaggio reale e non inventato, eppure ad oggi nessuno l’ha decifrato. E proprio il giorno che mi arriva a casa una copia del manoscritto mi capita da recensire questo disco, esplicitamente ispirato al codice. Gli Omega sono di Rimini e con il loro debutto discografico hanno un po’ messo in discussione un connubio per me quasi impossibile, ossia il black ed il doom. Generi quasi agli antipodi, ma qui rimescolati e proposti in una forma inedita. Quattro tracce lunghissime, mediamente 13 minuti a canzone, dove lunghe intro aprono a spazi siderali e inconoscibili. Poi, di colpo si riprecipita sulla terra, sotto la crosta terrestre e si va ad esplorare le profondità del globo con un doom pesante come un macigno ma aggressivo grazie a distorsioni e atmosfere proprie del black. Il cantato è poco presente, una scelta intelligente dato che l’espressività del disco è già molto accentuata proprio grazie ai suoni, a tratti estranianti e alieni da chiedersi se si stia ascoltando uno strumento o il lento respirare di chissà quale creatura. Ottima prima prova, utile come colonna sonora a chi vuole cimentarsi con tutto ciò che ancora è insondabile al nostro mondo.
(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 9/10