(Scarlet Records) Che succede se Steve Smyth, ex-chitarrista per Testament, Dragonlord, Vicious Rumors, Nevermore e Forbidden, chiama altri amici più o meno noti (spicca Mikkel Sandager un tempo ai Mercenary) e mette su una band di modern/thrash/groove metal? Beh, i presupposti c’erano tutti, ma il risultato onestamente non mi convince neanche un po’. Anzitutto abbiamo una produzione incredibilmente scarna e secca, con i volumi tutti livellati e nessuna tridimensionalità. Poi i brani sono decisamente confusi: va bene che anche nel caos si può comporre ottimo metal, ma i pezzi di questo album mi sembrano semplicemente ‘disordinati’, slegati, e poco ispirati. La titletrack è un fiume in piena che mi suona decisamente monocorde, “Kill the Hopes inside” è come sconnessa nelle sue varie parti; la traccia autotitolata finalmente agita un po’ le acque, spingendosi su territori che potrebbero appartenere agli Helstar o ai Metal Church dopo una cura ‘modernizzante’… ma “Evict the Enemy” è di nuovo così veloce da essere disordinata (almeno a mio modesto parere). Paradossalmente, infatti, l’unico brano veramente ok è la power ballad “Last Star Alights”. Questo dei One Machine mi sembra proprio un disco tirato su senza essere certi della direzione da prendere.
(Renato de Filippis) Voto: 5,5/10