(Nuclear Blast Records) Opeth… Argomento davvero delicato e ostico per il sottoscritto. Con “Deliverance” scoprii il growl e di conseguenza il mio amore per il genere. Ok, son stato fortunato a cominciare col botto, fortunato a fidarmi della meravigliosa copertina (Smith non mi ha davvero mai deluso), fortunato ad aver capito ed apprezzato il successivo, antitetico lavoro, quel “Damnation” che non mi ha mai fatto fare una piega, tanto era naturale e completa la discografia dei nostri con un disco “acustico” che potesse fare da contraltare alla rabbia inarrestabile del precedente lavoro. Con “Ghost Reveries” la discografia proseguì con coerenza, con “Watershed” a chiudere una scala di opere pressoché perfetta. Uso il temine chiusura perché per me dopo questi disshi gli Opeth non hanno più fatto album, sono mutati in un’entità che, per la coerenza che li ha sempre contraddistinti fino al 2008, doveva cambiare nome. Prog rock anni ’70 suonato sì magnificamente, ma scialbo e orfano di quell’acume e genio musicale presente nei lavori precedenti. Mi sono accostato all’ennesimo live (terzo in soli otto anni) con questa premessa ma con la speranza di ritrovare almeno dal vivo gli Opeth di cui mi sento ancor oggi ingiustamente privato, convinto che il mutare del gruppo sia stato e sia tutt’ora un capriccio stilistico del cantante. Che cosa ho trovato in questo DVD con annesso CD audio? Partiamo dai suoni: non so quanto il lavoro sia stato rielaborato in studio ma la resa sonora è davvero notevole. Il CD contiene suoni ottimi e una resa ineccepibile, come solo Nuclear Blast e poche altre etichette di settore sanno regalarci. Per via della scaletta, la scelta è stata impietosa verso il passato. Quattro tracce dall’ultimo “Sorceress”, una da “Heritage” e una a testa da “Watershed” e “Ghost Reveries” assorbono quasi in toto il live. Versioni leggermente più spoglie e meno enfatiche di quelle originali, complice sicuramente il mood assunto da ormai una decade dal gruppo. Ciò che ho subito notato è il notevole calo delle capacità vocali del cantante, incapace di ritrovare la verve di un tempo, una sorta di atrofizzazione di quella ferocia espressa bene anche in pezzi come “In My Time Of Need”, qui spenta e avvizzita. La chiusura del CD spetta a “Deliverance”, una traccia a mio avviso tra le migliori composte dal gruppo, qui riveduta in chiave leggermente “Jazz”, un lavoro che snatura appieno la perfezione del pezzo originale. Intendiamoci, siamo di fronte a provetti musicisti, ma la ferocia e la determinazione che hanno permesso la composizione della prima parte della loro stupenda discografia qui ha perso ogni connotazione logica. Domani sera riascolterò “Blackwater Park” e piangerò la definitiva scomparsa del gruppo. Non so se ce ne rendiamo conto o meno, ma questo live, per quanto ben incorniciato risulta un necrologio che nulla dice di quello che il gruppo è stato in passato e di quanto sia stato importante per la musica estrema. Amen.
(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 7/10