(code666) Come in qualche modo suggerisce il titolo, questo è il quarto album della band olandese-americana. Una band composta dal vocalist (che cura anche tastiere) olandese Amalgamoth, e dagli altri due americani, nello specifico l’italoamericano Otrebor (anche proprietario della webzine ‘Maelstrom’) ed il chitarrista Dcrf. Ma cosa suonano? Un black metal pagano, almeno nelle intenzioni. E come suona questo black metal pagano? Se devo essere sincero, dando un giudizio veloce, fugace, a pelle e con un ascolto superficiale, devo dire che fa assolutamente schifo. Ma c’è un MA. Dopo un buon ascolto, anzi… dopo due o tre canzoni alle quali viene prestata la dovuta attenzione, questo schifo diventa magnetico, ipnotico… diventa qualcosa di morboso ed assolutamente avvincente. Irresistibile. In un certo senso seguono la falsa riga dei Siculicidium: suoni grezzi con occasionali ottime tastiere… ma mal mixate. Un vocalist che sembra la versione rauca e vagamente fuori accordatura di Abbath. I brani seguono una progressione a volte trionfale, a volte forzata. Ma questo insieme di sintesi dell’assurdo è, forse (anzi senza dubbio), la vera forza che sta dietro questa cosa sballata, impensabile… così acerbamente old school da risultare esaltante, deliziosa, invitante, come il gusto del sangue appena fuoriuscito dalle vene della vittima. Secondo la band questo è black progressivo, secondo me è black così originale, così spontaneo e privo di un generale (e commerciale) gusto estetico da risultare meravigliosamente unico, totalmente provocante! Questo mix di atmosfere da film horror e black metal macilento, senza dimenticare le poco velate iniezioni noise… questa miscela lacerante risulta ben percepibile su brani come “Nehalennia” o “Vagdavercustis”, ed è la sintesi dell’originalità di questo progetto il quale, per distanze e logistica, risulta improbabile, se non impossibile, prima ancora di poter giudicare un solo brano. Le divagazioni digitali affiancate ad una sintesi di brutalità grezza, rendono quasi inconcepibile la definizione di una band come questa. Assurdità, o distanza tra i membri -tuttavia- perdono senso, in quanto loro esistono, ci sono e suonano un album costellato da brani imponenti, avvicinandosi all’ora di durata. Sempre nel contesto della loro assurdità, non bisogna scordare che questa utopia è arrivata addirittura al quarto album. Se il black metal deve avere una forte componente in controtendenza con tutto ciò che esiste e deve venerare il rendersi antipatico in maniera esplicita, allora gli Ophidian Forest hanno trovato le risposte a migliaia di domande filosofiche disperse nei meandri del tempo.
(Luca Zakk) Voto: 8/10