(Candlelight) è difficile descrivere il sound di questa band inglese presentatasi sulla scena due anni fa con un EP intitolato “The Calendrical Cycle – Prologue: The Healer”. Gli Opium Lord all’epoca conobbero una certa popolarità che ha indotto la Candlelight a firmare questo loro primo album. Un’atmosfera tra post-metal e agili ma oscure tinte che derivano lontanamente dal post-industrial, marcano gli scenari di questo lavoro che si erge a colonna sonora avantgarde di stati emotivi e paesaggi grigi. “Challenger” rievoca lo spettro dei Godflesh, ma si è già scritto che gli OL non suonano prettamente post-industrial e infatti alla base del tutto si arriva a un punto di fusione che produce il vero, tortuoso, freddo, possente sound degli inglesi. Se la batteria diventa un tappeto fatto di sussulti e colpi continui, ma mossi da uno stato umorale eccentrico, il basso risuona pulito e denso, copre i vuoti e le stratificazioni delle chitarre, spesso acide e laceranti, come certi riff e arpeggi in eco e riverberati nella scuola di Justin Broadrick. Il cantato è vispo: roco e sottilmente isterico, tanto da produrre a tratti uno scream. Enunciazione di una pazzia moderna, che sfianca l’essere umano in nevrosi quotidiane. Il ritratto di questo suono è una versione artistica di fobie, routine, orrori e dolori della nostra società. Il tutto è suonato, senza l’ausilio di macchine pensanti, autonomi. Il tocco umano, del musicista, si fa sentire. Si annida in ogni angolo dei pezzi, nei ripieghi delle note, nel modo di gonfiare le atmosfere a collassi sonori, come i Cult Of Luna di qualche anno fa e di oggi. Insomma quel sound da deriva, post moderno è presente in “Eye of Earth”, ma attraverso un fluire moderato e ancora tale da rendere l’idea che l’uomo racconta con suoni e senza eccessi tecnologici, salvo per definire meglio distorsioni e sonorità. Una colonna sonora ipnotica e folle insieme, perfetta per isolarsi e dare uno sguardo sincero alle proprie paure o a quelle del mondo che è lì fuori.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10