(Svart Records) Che tu lo debba valutare o semplicemente ascoltare, mettersi davanti a un album firmato da quel folle di Sami Albert ”Witchfinder” Hynninen è sempre un’avventura piena di sorprese. Ignorando per un istante la sua carriera con -tra gli altri- Reverend Bizarre, Spiritus Mortis, Orne, oltre ai Tähtiportti ovvero l’altra sua creatura electro/rock, è con Opium Warlords che Sami si lascia andare in modo più deviato, perverso, lascivo e… completamente libero. Lo ha sempre fatto, non si è mai posto limiti (come chiaramente mi disse qui), anche perché la musica degli Opium Warlords non vuole e non deve seguire uno schema ben preciso, esattamente come l’eclettica voce di questo artista non deve essere costretta a rimanere dentro determinati canoni. Nei quasi venti minuti di “A Heavy Heart” fuoriesce doom, emerge davvero il doom al quale Sami ha preso parte, ma non mancano divagazioni geniali, come quel sassofono. Funerea, spirituale, elettrostatica e marziale “Threshold Of Your Womb”, tra sludge e noise “Destroyer Of Filth”. Oscurità senza fine, con voce narrante e atmosfera inquietante su “Sarah Was Nineteen Years Old”, mentre “Solar Anus” è teatralità psichedelica capace di ipnotizzare portando in superficie pensieri sepolti nei meandri della mente. Stupenda “Early In The Morning The Body Of The Girl Was Foun”, un brano intimo, sofferto, con linee di basso sublimi, una voce narrante delicata e profonda. Emerge il folk su “Perspiring Princess”, mentre la conclusiva “Xanadu”, un altro brano imponente, ritorna sul doom, sui tempi lenti e pesanti, sulle chitarre graffianti e acide, il tutto a supporto della tanto minacciosa quanto stupenda voce di Sami. Questo quinto album è lontanissimo dal precedente “Droner” (qui), in un certo senso si avvicina più a “Taste My Sword Of Understanding” (qui), almeno per varietà e musicalità… ma ancora una volta si tratta di un album indipendente, imprevedibile, deliziosamente personale e ribelle. In un certo senso è una specie di riepilogo della vasta carriera di Sami, il quale dichiara che questo potrebbe essere il suo album migliore… ma il suo giudizio, sempre secondo l’artista, potrebbe essere errato in quanto la sua stessa idea di musica è ormai completamente sballata. Ed ecco la doppia faccia di “Nembutal”! Un album che non è per tutti, anche se è indubbiamente è per molti; “Nembutal” non è materiale facile, anche se è assurdamente semplice perdercisi dentro. “Nembutal” è gioia per la mote. È la parola fine di tutto quello che vuole iniziare, dall’amore, alla vita, dal dolore all’esistenza stessa. Alla fine non è “Nembutal” che va giudicato, ma lo stesso approccio che si ha nel giudicare la musica, perché “Nembutal” contiene molta musica ma va oltre la stessa in maniera geniale e volutamente controversa!
(Luca Zakk) Voto: 10/10