(Io Pan Records/Vacula Productions/Eternal Winter) Nel black metal ci sono generalmente ben determinati ideali che vengono portati in musica, ma nel caso degli italiani Orgg la cosa si spinge oltre in quanto essi non si limitano a comporre brani esprimendo pensieri o punti di vista, piuttosto dichiarano loro obiettivo il puntare completamente a specifici fatti storici. Se questo può sembrare normale, anche perché solitamente una band esiste e ad un certo punto decide di scrivere delle canzoni concentrandosi su uno specifico argomento, magari dando vita ad un concept album, con gli Orgg tutto appare molto diverso, in quanto loro si spingono oltre anche questa impostazione tanto da diventare una entità definibile come ‘concept band’. La loro dichiarata esistenza, sbocciata due anni fa, è orientata esclusivamente al mettere in musica gli eventi dolorosi e violenti della Guerra Bianca, ovvero i conflitti tra Regno d’Italia ed Impero Austro-Ungarico durante la prima guerra mondiale che si svolsero nell’area alpina Italiana, nello specifico le Dolomiti, tutte battaglie e mosse strategiche ubicate in alta quota, con conseguenti difficoltà di logistica per l’approvvigionamento e l’armamento delle truppe coinvolte, oltre che le indicibili condizioni di vita dei soldati stessi, specialmente nel rigido periodo invernale. Dal punto di vista tematico, gli Orgg seguono i percorsi di bands quali Kanseil, Selvans o Brünndl, ovvero tutte realtà fortemente legate a vicende o zone territoriali, tanto che l’oggetto delle tematiche non è tanto un tributo ai soldati e alla gloria umana, ma alla natura scenario del conflitto, inevitabilmente e forse irreversibilmente compromessa dalle azioni scellerate dell’insensatezza umana. Gli Orgg propongono un black metal ricco di suggestivi mid tempo, tremolo indovinati, aperture melodiche seducenti… un black tutto sommato essenziale ma veramente ben fatto, molto ben fatto, arrangiato con immenso gusto, registrato bene offrendo giusta visibilità ad ogni singolo strumento: un black immediatamente attraente e coinvolgente e con interessanti dettagli riconducibili anche al death. La decadenza trionfale dell’intro “Intro (1916-1917)“ lascia posto alla lenta, pesante e minacciosa “D.Q.N.S.P. (Di qui non si passa)“, la quale svela dettagli che riconducono piacevolmente a bands quali i Satyricon. Irresistibile “Dolomia“: lenta, pensante, cadenzata, con accelerate sferzate da un drumming indovinato ed accentate da idee melodiche poco complesse ma maledettamente efficaci. Le linee vocali spaziano dal growl allo scream, offrendo enfasi su un’interessante sceneggiatura tematica. Sferzante e ricca di progressione “Conturina”, dettagli epici con arrangiamenti contorti su “Beneath the Shadows of the Three Mighty Peaks“. Interessante il sapore doom della parte introspettiva iniziale nella title track. Spietata e ricca di avvincente atmosfera “Winter Coffin“, molto evocativa e ricca di tetro groove la conclusiva “The Ascent”. Un album molto coinvolgente e accattivante. Un inno alla natura: la vera forza invincibile di quel conflitto (e di tanti altri). Un natura che resiste, che mette alla prova, che combatte senza paura e che, nonostante le ferite, alla fine ne esce trionfante e vincitrice. Dopotutto l’umanità è un battito di ciglia nella grandezza temporale del mondo e della natura che lo decora. Quelle cime troneggiavano molto prima della nostra esistenza e, probabilmente, un giorno saranno ancora innevate e baciate dal sole, quando noi miseri esseri umani assetati di potere saremmo solo un vago e sbiadito ricordo.
(Luca Zakk) Voto: 8/10