(Prophecy Productions / Auerbach Tonträger) Neo folk tedesco, neo folk molto moderno, remotamente gotico, oscuro, ricco di divagazioni elettroniche intelligenti e curate. Il duo composto dalla voce di Uwe Nolte e dalla musica di Frank Machau giunge al settimo disco intitolato ‘quello che dio vuole’, ovvero il motto dei cavalieri cristiani nelle crociate, spesso una forma di giustificazione per i sanguinosi massacri perpetrati. Ma un simile titolo, dopo tutto, non è solo una giustificazione ma anche uno stato mentale, quello legato all’agire, al combattere, fino al morire per una causa… ed è esattamente il punto di vista degli Orplid, oggi, una formazione ormai attiva da quasi venticinque anni. Ma il nuovo “Deus Vult” va più a fondo dentro questo concetto, si spinge verso una lotta fiera per la libertà, tanto che l’album gira attorno a delle poesie scritte da Uwe Nolte ispirate a Jan Palach, lo studente ceco che si diede fuoco protestando contro l’occupazione sovietica, alla rivoluzionaria e guerrigliera argentina Tamara Bunke e a Kurt Reuber, il militare tedesco che nel 1942 dipinse la ‘Madonna di Stalingrado’. Nonostante i testi dell’album siano rigorosamente in lingua madre, l’espressività della voce e delle melodie è infinitamente teatrale e suggestiva… ritmi soavi e tetri, una specie di dark wave senza la ritmica di una canzone ‘radiofonica’, piuttosto l’ambientazione di una colonna sonora che fa riflettere, meditare e, perché no, rilassare. Il poli-strumentista Frank Machau, tuttavia, ama esplorare molti scenari, molte divagazioni, diversi sentieri come si sente con i fiati dell’intermezzo numero 8. I brani sono un viaggio da seguire con attenzione e passione: “Ouvertüre” è un intro irresistibile, “Abend loht über dem Tale” è elettronica con una potenza sentimentale illimitata. Cinematografico l’intermezzo numero 3, drammatica e deliziosamente digitale “Jan Palach”. Poesia e oscurità su “Madonna von Stalingrad”, sublime inquietudine con la voce femminile di “Dunkle Stunde”, profondità spirituale con l’irresistibile voce di Uwe su ”Ich sah dich Flöte spielen”. La poesia di quella voce domina anche l’impostazione soft psichedelica di “Tamara Bunke”, mentre “Ich bin!” è più tuonante anche se assurdamente distorta. Sognante “Purpurne Stimmen”, sconvolta “Bald kommt der Krieg in dein Haus”, imprevedibile “Sommer ging verirrt, geheim”. A fine album emerge la bellissima malinconia di “Deutschland 2016”, “Das Abendland” e la conclusiva “Cortez”, quest’ultima impegnata a risalire verso l’altro suggerendo anche una impostazione marziale. Un’ora ed un quarto di ipnosi sonora: è incredibile ritrovarsi -anche senza conoscere la lingua tedesca- incantanti e misticamente avvolti dal progredire di questo album, tanto che risulta sorprendente l’accettarne una fine la quale potrebbe apparire come un drammatico risveglio da uno stato catatonico surreale.
(Luca Zakk) Voto: 8/10