(B.R.ASS) Nuovo lavoro per gli originali ‘brass metallers’ italiani Ottone Pesante, a due anni dallo stupefacente “Brassphemy Set In Stone“ (recensione qui)! Band unica capace di comporre e suonare dell’heavy metal con batteria e… tromba e trombone, senza nemmeno una chitarra, un basso, una tastiera o un… vocalist. Anche se per questa release qualcosa di creato con corde vocali emerge, grazie alla partecipazione di Travis Ryan dei Cattle Decapitation! Il titolo dell’album, confermato dalla bella ed ironica copertina, vuole riaffermare gli strumenti a fiato, normalmente relegati a generi musicali meno pesanti, ricordando che nell’Apocalisse le catastrofi vengono sempre annunciate da sette trombe! Musicalmente, oltre ad un drumming poderoso, i fiati sono spinti ai limiti, sostituendo egregiamente e sorprendentemente tutti i riff metal e death metal che il pubblico abitudinariamente si aspetta dai consueti strumenti a corde. L’ironia della band punta all’apocalisse dei timpani degli ascoltatori, anche se musicalmente ed artisticamente siamo davanti ad un’opera veramente curata ed eccezionale. Apocalisse anche per le trombe e per chi li suona… in quanto le estremità ritmiche e sonore dei brani sono decisamente inconsuete ed apparentemente impossibili per questo tipo di strumenti musicali. “Shining Bronze Purified In The Crucible” è marziale, è contorta, annega lo ska in un contesto metal estremo e progressivo, dando vita ad una nuova creatura. Teatralità tragica con “Lamb With Seven Horns And Seven Eyes”, un brano con groove potente ed un nervosismo melodico intenso, travolgente. Aperture melodiche più lente e decadenti su “Bleeding Moon”, brano dove i riff eseguiti dai fiati assumono le sembianze del virtuosismo, il tutto sopra ad un drumming impetuoso. Vorticosa “Angels Of The Earth”. ”The Fifth Trumpet” apre con uno scenario inquietante e doomy, per poi impennare improvvisamente dando vita ad un riff martellante, il perfetto anticamera per l’ingresso del demoniaco Travis Ryan! Complessa e contorta “Locusts’ Army”, imprevedibili “Seven Scourges” e “Twelve Layers Of Stones”, due brani che dopo una prima parte molto tecnica si abbandonano ad una sezione di libertà creativa intensa, un jamming che va oltre il metal, che abbraccia teorie jazzistiche o idee doom molto coinvolgenti. La conclusiva “Doom Mood” è un macigno di oltre tredici minuti durante i quali la band non si pone alcun limite abbandonandosi ad un doom funereo e -in linea con il concetto- estremamente apocalittico. Se il precedente album sorprendeva per l’originalità dell’idea di suonare metal con strumenti molto lontani dalla convenzione genere, il nuovo lavoro è un salto qualitativo immenso: non solo c’è una più vasta esplorazione dei vari generi heavy ripensati con i fiati, ma i brani sono ancor più convincenti ed in grado di attirare l’attenzione. Tutte le canzoni sono belle, esaltanti, canzoni che ormai stupiscono per la tecnica e l’esecuzione più che per la stranezza degli strumenti usati. Questo porta all’inevitabile fatto che gli Ottone Pesante hanno inventato veramente qualcosa e, passo dopo passo, la stanno rendendo ‘nomale’, sconvolgendo le convenzioni, riscrivendo di fatto la definizione tecnica di ‘heavy metal’.
(Luca Zakk) Voto: 9,5/10