(Aural Music) Finalmente gli Ottone Pesante pubblicano un album, il terzo, con una etichetta… una di quelle che sa esaltare le sonorità non convenzionali, quelle originali, diverse ed estremamente personali. Era un matrimonio prevedibile quello fra queste due entità, anche perché nel mondo legato al metal ci sono ben poche etichette capaci di capire una band formalmente assurda come gli Ottone Pesante… i quali sono assolutamente unici e decisamente inimitabili! Per chi arrivasse solo ora, consiglio un ascolto di “Brassphemy Set In Stone” (recensione qui) e “Apocalips” (recensione qui)… un percorso perfetto per capire la genialità di questo trio composto da batteria, tromba e trombone. Se convenzionalmente nella musica estrema i fiati sono un arricchimento capace di creare atmosfere epiche, lugubri o ricche d’ansia, con questa band italiana tutto cambia, tanto che quelle atmosfere emozionali diventano dominanti… fino a rendersi conto che la sola batteria è capace di iniettare una impostazione sonora e di stile (black, doom, heavy) poi dipinta con maestria dai due fiati (è sufficente ascoltare l’aggressiva “Serpentine Serpentone” per ‘percepire’ un tremolo di chitarra… il quale invece non esiste ed è impersonato da un’ottima esecuzione dei fiati). Con il terzo lavoro gli Ottone Pesante si… appesantiscono, rallentano, mettono a fuoco tendenze più oscure, più heavy… più doom, quasi un ritratto dei tempi oscuri nei quali l’umanità sta vivendo. Un ambientazione angosciosa si instaura con “Intro the Chasm”, dando vita all’impostazione sinfonica di “Distress”, prima di abbandonarsi a “Tentacles”, bellissimo brano che ospita l’eterea voce di Sara, la frontwoman dei Messa (tra l’altro compagni di etichetta). Suggestiva e provocante “Coiling of The Tubas”, furiosa ed intensificata da un growl che prova ad emergere dall’uragano dei fiati su “Serpentine Serpentone”, un brano dalle palesi sembianze black metal, probabilmente in una variante viking. Coinvolgente ed inquietante “Grave”, contorta ed epica “Strombacea”, altro brano con quel growl sommerso il quale inasprisce ulteriormente lo scenario che si apre davanti agli occhi dell’ascoltatore. Ipnotica e destabilizzante “Endless Spiral Helix”, prima della totale apocalisse oscurantista della meravigliosa e conclusiva “End Will Come When Will Ring the Black Bells”. Batteria intensa, fiati poderosi supportati da growl occasionali che rendono il tutto più drammatico ed apocalittico. Un percorso contorto, musica che tuona con prepotenza da valli remote sferzate da un vento impetuoso, avvolgendo, travolgendo, invadendo. Conquistando.
(Luca Zakk) Voto: 9,5/10