(autoprodotto) Un album che descrive il mondo in oltre settanta minuti. Una durata apocalittica per un disco intitolato “7.83Hz” ovvero la frequenza del campo elettromagnetico terrestre, ma anche dall’elettroencefalogramma di una persona in profonda meditazione, una meditazione verso la quale questo album spinge l’ascoltatore grazie ad ampie teorie musicali, che spaziano dal post metal all’ambient, dal psichedelico al quasi folk/etnico senza dimenticare una melodia suggerita da ottime chitarre. L’album è un labirinto, un po’ come labirintica è la mente umana: un concept che accompagna, conduce… spinge attraverso un percorso dove l’individuo medita, capisce, realizza, si identifica, si distacca, si aliena, si riavvicina per poi allontanarsi definitivamente. Con una base stilistica che trova le radici dalle parti di Cult Of Luna, Isis, Tool e Sunn O))) gli italiani Otus danno una prova di forza mostruosa: musicalmente per 70 minuti di arte, mai noiosa, mai ripetitiva, sempre innovativa e sconvolgente, con certi strumenti usati assolutamente indefinibili, ed i vari cori che rendono l’esperienza d’ascolto un viaggio nei meandri degli incubi più nascosti e reconditi. Ma la prova di forza è anche stilistica, concettuale: non si tratta di cinque ragazzi con voglia di fare casino… piuttosto dietro a Otus c’è studio, riflessione, meditazione, concentrazione. Ogni singolo dettaglio dell’album ha un significato, ha una posizione, una ragione di esistere. Ogni riff, ogni tono, ogni melodia, ogni strumento cerca di raggiungere il suo scopo ogni secondo di ogni canzone, verso un concetto globale sconvolgente, totale, completamente avvolgente.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10