(Sony Music/Epic) Dieci anni dall’ultimo disco per questo essere scalfito ma ancora intero, ancora in forze, un essere quasi immortale. Ozzy e con lui -per esempio- Keith Richards, sembrano anime vendute al demone del rock ed esenti dall’ultimo respiro. La cosa poi è quanto mai inconsueta considerando che, diciamocelo, Ozzy ha fatto di tutto e di più per morire male e giovane ma, ad oltre 70 anni continua ad essere qui, tra noi, continuando a far parlare di se (nel bene e nel male). Programma dei tour, si spacca, guarisce, s’ammala, annulla i tour, riprogramma tour, pubblica un nuovo disco (il primo da sobrio, apparentemente), dichiara di volerne fare un altro a breve… davvero… «Non c’è pace per gli empi», dice il Signore. Lo sappiamo tutti che lui (parlo di Ozzy, non del Signore), dopotutto, non è un artista in senso stretto: è un cazzo di frontman… uno dei più assurdi e favolosi della storia del metal il quale è costretto a pubblicare dischi per avere qualcosa da cantare su quel SUO palcoscenico. Io ho sempre amato Ozzy, il suo personaggio e la sua musica. Adoro Ozzy da solista molto più del suo passato con i Black Sabbath. Ho trascorso anni della mia vita a collezionare memorabilia, rarità, bootlegs, riedizioni, edizioni speciali, cofanetti, libri, articoli… qualsiasi cosa riguardasse il madman. Ma Ozzy non ha mai saputo veramente cantare. E forse nemmeno scrivere musica o comporre brani. La sua arte vera è un carisma mostruoso e diabolico. Tra il satanico ed l’ecclesiastico. Tra il vampiro ed il reverendo. Un essere perverso con il quale ogni musicista vorrebbe suonare… senza dimenticare la grande quantità di artisti che grazie a Ozzy, nella storia del rock, sono giunti all’olimpo dello stardom o hanno accresciuto ulteriormente la loro visibilità mediatica: Randy Rhoads (R.I.P.), Jake E. Lee, Randy Castillo (R.I.P.), Zakk Wylde, Mike Inez, Robert Trujillo, Rudy Sarzo, Gus G… tra i tanti. Il dodicesimo disco è un incontro di musicisti di altissimo livello e, ancora una volta, c’è aria fresca, gente e idee nuove, tutto un insieme di cose provenienti da direzioni diverse ed opposte che solo Ozzy può interpretare con il suo stile unico facendole suonare esattamente come qualsiasi cosa firmata Ozzy deve suonare. Gli amici di Ozzy per “Ordinary Man” sono una bella compagnia: Duff McKagan al basso, tanto per cominciare. E tanto per chiudere il cerchio c’è pure Slash su un paio di brani. E anche Tom Morello. Dietro le pelli? Chad Smith. Wow. Infine, tanto per restare in ambito mitologico, Ozzy è riuscito a coinvolgere anche Sir. Elton John, il quale si offre nel formato a lui più consono: piano e voce. “Straight To Hell” apre ricordando a tutti chi è Ozzy. Con linee di basso letali e versi malefici (‘I’ll make you scream, I’ll make you defecate’), il brano cavalca una modernità spavalda poi riportata al classico con l’assolo di Slash. Bellissima oscura e seducente la power ballad ”All My Life”, mentre la successiva ”Goodbye” ha un feeling più drammatico il quale porta ad una intensificazione deliziosamente martellante. Stupendo il duetto con Elton John sulla struggente title track, l’altro brano con l’assolo di Slash. Irresistibile e iper-classica ”Under The Graveyard”. Scherzoso e fuori di testa il testo sul cannibalismo di “Eat Me”, ovviamente reso malignamente osceno dall’interpretazione di Ozzy. Intense tenebre che guardano verso una luce distorta su ”Today Is The End”, mentre Tom Morello aggiunge energia a ”Scary Little Green Men”, un brano scorrevole, potente, pulsante che parla degli alieni… facendo l’occhiolino agli Hawkwind con divagazioni digitali e una quasi citazione (…’Take us to your leader’…)! Intensa la lenta “Holy For Tonight”, mentre i due brani conclusivi possono piacere o meno, ma dimostrano quanto eclettico possa essere il madman: ”It’s A Raid”, con Post Malone, un punk sballato che parla di… droga e la conclusiva “Take What You Want”, con Post Malone & Travis Scott, la quale divaga pesantemente su pop e sonorità sicuramente non attraenti per il fan vecchia scuola. Ozzy è una istituzione e poco conta se ormai, probabilmente, un disco di Ozzy è in verità un disco creato da qualcuno per la voce e l’immagine di Ozzy. È proprio quella voce strampalata, seducente, oscena e provocatoria che esce da quelle dannate canzoni. Sono quelle sue grida e quelle sue frasi stereotipo ad accendere gli animi. Sono quei ‘Let’s go fucking crazy’ che ci servono. Che vogliamo. Che necessitiamo. Perché, diciamocelo, quando tutti quelli come questo balordo di Birmingham non saranno più in attività, noi tutti rimarremo con un buco, una voragine, una perdita incolmabile, un lutto artistico. Non ci sono sostituti in circolazione. Nessun altro può fare quel che Ozzy ha fatto, anche perché comunque lui l’ha fatto per primo. Lui è l’originale. Tanto inimitabile quanto pericoloso sia il solo provarci. Chi ha avuto l’onore di vederlo dal vivo sa di cosa parlo. Rimarranno i dodici album in studio (più quelli che sicuramente pubblicherà in futuro). Rimarranno le leggende. Gli aneddoti. Le assurdità uniche. I libri. La storia. Uomo ordinario? I parlerei piuttosto di un alieno. O di un demone. Quel che volete, ma sicuramente qui di ordinario non c’è assolutamente nulla!
(Luca Zakk) Voto: 10/10