(Club Inferno Ent.) Formazione romana composta da cinque musicisti che hanno probabilmente in comune la passione dell’hard & heavy nella maniera dei Deep Purple e loro derivati, dunque Rainbow e Whitesnake, nonché qualche romantica ma tosta melodia degli Uriah Heep e dell’AOR di un tempo quanto dell’hard rock statunitense. Uno stile dunque classico nelle intenzioni e nella composizione. A ciò si aggiunga pure un cantante, Bruno Baudo, capace di calarsi in questi scenari melodici ampi, vasti e codificati tra il rock e spunti semi-blues. L’organo, di Marco Quagliozzi, a controbilanciare la chitarra, anche con tastiere e sintetizzatori, formando una coppia così bene amalgamata con Gilberto Giangolini. Festosa ed arrembante l’opener “Get Away From You” con I suoi canoni alla Deep Purple con Coverdale, almeno per questo orecchio. “Sweet Lady Luck” è tra i pezzi più interessanti, con una spiccata stratificazione tra organo e sintetizzatori. I pezzi scorrono tutti di buon grado. “Flying High” è uno dei due brani strumentali, una piccola suite estrosa, con una sua eleganza dalle mire quasi filmiche e sinfoniche. “Light After The Dark” è l’altra composizione priva di cantato, accattivante nell’andatura quanto nelle frasi musicali di organo e tastiere. La Pantheøn Band è colma delle influenze degli illustri citati in apertura, pur possedendo una dignitosa capacità nel riproporli. Tra fasi che sembrano quelle di una tribute band e personalismi rimarchevoli, come qualche riff, gli arrangiamenti con organo e tastiere, la prestazione di Baudo, senza dimenticare la precisa e pulita sezione ritmica, “Upswing” diventa un album alquanto piacevole, suonato con purezza d’animo ascrivibile a quella passione per alcune specifiche situazioni nella storia della musica. Dunque nessuna originalità, diversi rimandi a cose note, da parte di musicisti con una sensibilità melodica sorprendente. Si pensi che a una “Get Away From You”, della quale si è scritto già, Panthøn Band nello stesso album riescono a far suonare una “On The Razor’s Edge” che ha qualcosa dei The Cult e un blues scanzonato come “My Old Whiskey Bottle”, purtroppo brutalmente tagliato in chiusura durante l’assolo della sei corde. A questi esempi si aggiungano le due ottime partiture strumentali e si capirà come “Upswing” abbia una sua coerenza e feeling.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10