(Eleven Seven Music/EMI) Credo che nemmeno questa volta i Papa Roach abbiano sbagliato in qualcosa. Sospetto che “The Connection” porterà di nuovo la band a vincere qualche disco di platino. Non è che l’album abbia poi in se qualche potenziale hit o canzoni memorabili e i ripetuti ascolti me lo hanno confermato, ma ha una linearità e quel suo di tenere tutto in ordine, senza sbavature e cali. Tutto in regola per questa nuova opera degli americani dal nu/alternative metal potente e non esente da melodie, alcune quasi sdolcinate. Ci sono anche quelle, ovvio. Del resto loro si pongono in una dimensione abbastanza commerciale e, non dimentichiamolo, sono americani e costoro quando si parla di musica più morbida non rinunciano mai a situazioni melense o quasi. “Before I Die”, ad esempio, cantabile e accorata, e poi “Won’t Let Up” e “As Far As I Remember”. Ci sono canzoni dal feeling appassionato, come “Wish You Never met Me”, l’accattivante “Leader of the Broken Hearts”, “Not That Beautiful” pezzo altamente ritmato e con Shaddix in gran forma. Stupisce “Walking Dead” dal suo piglio quasi hard rock. “The Connection” suona omogeneo, pur contenendo l’anima ruvida e quella commerciale (perchè tale è) dei Papa Roach. L’impressione però è che l’album nella sua prima parte presenti un songwriting più ruvido, rispetto alla seconda. L’album vede l’assemblaggio da parte di James Michael (Sixx: AM, Halestorm) e John Feldmann (Panic at the Disco, The Used, Escape the Fate)ed è sbalordivo come ogni strumento venga ben valorizzato nella resa audio. La band mantiene il proprio stile, si odono le reminiscenze punk, l’attitudine rock, i ritmi marcati, i riff intrisi di groove e l’occhiolino all’hip hop in alcuni risvolti vocali. C’è tutto e loro sono sempre i Papa Roach.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10