(Massacre Records) Provo sempre un grande piacere ogni volta che esce un nuovo album dei Paragon; pur non brillando per una spiccata originalità, la band tedesca da anni porta avanti il proprio power metal roccioso, aggressivo e melodico tipicamente teutonico, figlio di acts come Accept, Running Wild, Rage e Iron Savior. E pensare che “Metalation” rischiava di non uscire, o di essere l’ultimo disco della band, la quale aveva seriamente corso il rischio di sciogliersi durante il periodo della pandemia, ripensandoci successivamente dopo alcuni aggiustamenti della line up. Questi cambiamenti non hanno, per fortuna, cambiato lo stile dei Paragon, i quali mettono sul piatto dieci brani grintosi ed incalzanti, ma con maggiori spunti melodici rispetto al precedente “Controlled Demolition” (recensione qui), che conferiscono alle canzoni maggior respiro, rendendole molto più accattivanti e meno ripetitive. Ne è un esempio l’epica “Battalions”, galoppata pesantemente influenzata dagli Iron Maiden impreziosita da un chorus anthemico che si stampa subito in testa. “MarioNET” alza notevolmente i bpm, ed è infatti il pezzo più veloce mai composto dai Paragon, puro speed metal che non rinuncia comunque alla melodia, sia nel refrain che nelle armonie di chitarra. “Burn The Whore” mette a dura prova i muscoli del collo, grazie alla potente ritmica cadenzata ed un mood oscuro vicini ai Mercyful Fate. Un album che non conosce cali di tono, per una band che pur non inventando nulla, dimostra una devozione al genere ed una capacità di creare canzoni potenti ed avvincenti.

(Matteo Piotto) Voto: 8,5/10