(Chancho Rec./Graviton Music S.) Cantano in spagnolo Pastuso e Jaap ‘Monchito’ Melman, due cugini con origini nell’America Latina, ma di base sono ubicati ad Amsterdam. Quattro musicisti latini, un sound che sembra un motore ingolfato e comunque possente. Un incrocio tra tendenze stoner e desert rock, con un basso corposo e tetro, chitarre spesse e cupe anche loro. Elementi che erigono un sound incredibilmente tosto e grosso, rinforzato dalla voce roca di Pastuso, anche trombettista (con gli interventi dello strumento il tasso di origninalità e latinità aumentano), e da una batteria andante. Parlerei di wall of sound per i ¡Pendejo!, cioè proprio di impatto e impenetrabilità di questa tendenza globale del sound tipicamente stoner, oltre ad andature bluesy e rock. Un songwriting a tratti originale, anche se esistono le stesse tipologie di accordi di altre band che si esibiscono nello stesso campo, ma quella tipica e labile ipnosi che il combo olandese scatena nelle andature dei pezzi, oltre ad un clima generale abbastanza serioso, conferiscono un carattere ben definito all’insieme. L’ingresso poi della tromba in alcuni momenti dei pezzi è l’elemento che dona la giusta caratteristica personale alla musica. Tra brani di tre minuti e mezzo e oltre quattro, colpiscono i sei minuti di “Se Puede Callar”, nei quali una vena lisergica si diffonde ovunque e offre una marcia in più. “Atacames” è il secondo album dei ¡Pendejo! ed è stato curato dal produttore Pieter Kloos, guarda caso uno che conosce bene i Motorpsycho. Questi olandesi d’adozione sono tutto questo, ma sono soprattutto degli scatenati. Sono una tempesta irrefrenabile dall’anima di in un r’n’r corrosivo, sabbioso, arso e latino.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10