(Apathia Records) Avantgarde metal con forti tendenze post rock per il secondo disco di questa band ungherese. I titoli ed i testi nella criptica lingua madre creano un velo di mistero il quale si infittisce con le complesse trame musicali, a volte folk, a volte dilaniate da blast beat, chitarre rock, distorsioni fitte, un costante orgasmo sonoro pieno di energia e con un groove esplosivo, illimitato. Si apre con una forte carica energetica grazie a “Tündöklés”, una via di mezzo tra un’introduzione ed una opener. Furiosa “Vég se hozza el” (da notare che i Perihelion non usano singing in growl), ma anche atmosferica e subdolamente folk. Fantastica “Felemészt a tér”, con soluzioni melodiche ricercate, folklore esaltato ed una irresistibile vena epica. “Végtelen kék” è travolgente, grandiosa, piena di fretta, ricca di blast beat ma assurdamente profonda e ricercata, mentre il lato atmosferico torna con l’intensa “Égrengető”, dove ogni singolo strumento trova ancor più spazio, ancor più definizione. Strana “Űzött”, a cavallo tra ambient asfissiante ed un preludio di sonorità industrial, mentre è coinvolgente il post rock di “Hajad szél” e della conclusiva “Széthulló színek”. Un disco strano, appartenente a tanti generi, generi dei quali prende anche le distanze. Ricco, dinamico, potente, invita a ripetuti ascolti, avvolge con suoni cristallini, colpisce con un diffuso velo di oscurità. Uno di quei dischi che risultano differenti. Uno di quei dischi che -per nostra fortuna- amano stonare nell’armonia dell’orchestra, adorano essere il colore sbagliato in un equilibrio cromatico diffuso. Navigano intenzionalmente contro corrente, in direzione opposta, creando emozioni sonore uniche.
(Luca Zakk) Voto: 8/10