(Cruz del Sur Music) Quando uscì “Bury the Light”, nel 2012, sembrava che per i Pharaoh si stesse aprendo un periodo di intensa attività (come annunciava anche l’intervista che ebbi all’epoca con il singer Tim Aymar ); e invece, per avere un successore a quel disco, abbiamo dovuto aspettare nove anni… almeno è uno di quei casi in cui si dice che ‘l’attesa è valsa la pena’: è bello ritrovare la band di Philadelphia sempre fra le eccellenze del suo genere! Si comincia proprio con la titletrack, US metal ruvidissimo, tendente al prog, che il bravissimo Tim interpreta sempre con maestria nonostante gli anni che passano. È interessante vedere come i nostri, in continuità con il passato, non scelgano mai la soluzione più semplice, generando passaggi intricati ma intriganti. Assai evocativi i tre minuti, mesti e raccolti, dell’acustica “Waiting to Drown”; la variegata e profonda “Lost in the Waves” riesce ad avere pure un refrain orecchiabile! Le chitarre di “When the World Was Mine” sono un piacevole, disorientante labirinto; si alza la velocità con la graffiante “Freedom”, mentre “Dying Sun” mette su trame che definirei, senza mezzi termini, heavy/prog. Un disco di US Metal particolare, coinvolgente, vincente.
(René Urkus) Voto: 8/10