(Vic Records) Anni e anni fa l’Olanda possedeva un manipolo di band metal di tutto rispetto o addirittura epocali (Asphyx), cioè hanno dato qualcosa di concreto alla scena, altre invece sono state celebrate come delle promesse, ma il tempo le ha dimenticate perché scomparse dopo una breve vita o poco prolifiche. Di certo i Phlebotomized sono state tra queste. La band nacque con una direzione grindcore e percorse gli anni ’90 attraverso un death metal d’avanguardia, sperimentale (c’era un violino in formazione) o forse più concretamente camaleontico nelle sue strutture. Anni di piccole release e molti concerti in giro, e di soli due album. L’epocale “Immense, Intense, Suspense” girava quasi con il passaparola, nonostante si guadagnasse recensioni positive sui maggiori magazine metal e poi arrivò tre anni dopo “Skycontact”, salutato un doom metal malinconico e dalle trame inusuali per via di un impasto tra i cliché del genere e un retaggio rock e dark insieme. Un album un tantino ruvido, degno dell’appartenenza underground di questa band, ma totalmente figlio di idee che superavano le apparenze, quelle che facevano sembrare gli Olandesi un misto tra death metal e doom. In realtà loro andavano ben oltre, infondevano nel songwriting più idee, più generi e così ogni release, a partire dal principio degli anni ’90, era una tappa degnamente avanti all’interno di un percorso che non aveva mete. “Devoted to God, Preach Etenal Gosples” ripropone un demo e parte di un EP. E’ dunque un’antologia degli esordi, visto che manca il primo demo e un introvabile EP. “Devoted to God” è puro e seminale death metal, salvo per qualche passaggio sul doom. Da segnalare la breve strumentale “Ataraxia” che in nuce porta idee ed atteggiamenti compositivi futuri della band: sono presenti nel brano arpeggi, tastiere, melodie di rock psichedelico o intimista, quasi folk. Il brano tra l’altro comparve anche in “Preach Etenal Gosples”. Quest’ultimo, un EP, assesta una scaletta di brani che fecero parlare di loro come un doom metal band. Le tastiere dozzinali e fredde, qualche fraseggio delle chitarre, sapientemente doppiate dal basso, il violino che ricama sullo sfondo, rendono alcuni passaggi unici, come l’intermezzo folk della title track. Chiude la release tre brani catturati dal vivo, attraverso una qualità decisamente da bootleg. Prima di rivolgervi a questa raccolta fiondatevi sugli unici due album succitati, tenendo comunque poi in considerazione questa rassegna di canzoni che contribuirebbero a colmare i vuoti di una discografia non ricca, ma che ha fatto sognare e ben sperare tanti fans poi abbandonati all’improvviso in un concerto a Roermond il 17 ottobre del 1997.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10