(code666) Ben sei anni di silenzio per il duo brasiliano, composto da Luiz Felipe Netto e Igor Meira, il quale torna dunque con il terzo album che come il precedente vede l’insegna della nostrana code666. Piah Mater sono stati una soluzione prog death metal dalle movenze ben calibrate, nel 2024 però portano sé stessi a un livello senza troppe esasperazioni e a beneficio delle melodie, lasciate libere di svilupparsi. “Under the Shadow of a Foreign Sun” vede solo sei pezzi per poco oltre i cinquanta minuti di durata, da ciò dunque è semplice intuire come le composizioni raggiungano una certa durata. L’unica eccezione è “Mancaw’s Lament” che funge un po’ da intermezzo a circa metà scaletta. Sin da “As Island Sink” si avverte come l’elemento prog venga sviluppato ben oltre i semplici e ormai residuali canoni del death metal. La stessa parte finale del pezzo assurge quel momento a del puro prog metal. Con l’avvio della seguente “Follow Garden” e l’ingresso del sassofono, si arriva a uno status avantgarde inatteso e si scopre poi diffuso un po’ ovunque nell’album. Il cantato è parzialmente in growl, visto l’ampio uso della voce pulita la quale con le melodie che diventano nel corso dei pezzi morbide, smaltate e fluenti, ben si sposano dunque con tutto il contesto musicale. “Canicula” arriva a quasi nove minuti di durata e nonostante un certa lungaggine con voce maschile e femminile e chitarra acustica, si conclude in una coda che sembra la fusione di King Crimson con la PFM! Questi brani prendono risvolti propri, appunto anche rock o addirittura doom metal e tutto rientra in questo flusso così curato e peculiare.

(Alberto Vitale) Voto: 8,5/10