(Sun & Moon Records) Folk. Tanto suggestivo ed incantevole folk. Folk ungherese, travolgente, vibrante, costellato da strumenti tradizionali come la cetra da tavolo, la cobza e la ghironda. Voci, più di una, in lingua madre (quando non radicata in più antichi dialetti) che mettono in musica poemi contemporanei. Allegria e spensieratezza, ma anche oscurità e dannazione, cuori spezzati, echi di una fine ormai passata. Percussioni incandescenti, sfuggevoli synth in una esaltazione sonora, teatrale, tribale che sfonda i confini della terra madre accompagnando visioni magiche verso le steppe senza confini dell’Asia, della Mongolia, anche grazie a strumenti come lo tovshuur o l’uso del canto armonico, il tutto anche con divagazioni che trasudano anche una irresistibile ed inquietante atmosfera mediorientale. Ipnotica e ricca di sentimenti “Kismadár”. Un gusto tribale emerge con “Túl a vízen”. Affascinante il percorso melodico di “Bandukoljunk”, brano con linee vocali stimolanti e ricche di spiritualità. Contorta, esotica e trafitta da bellissime percussioni “Van li”, oscura “Köd-konda támadt”, visioni di paesaggi naturali emergono con la stupenda e ancor più tribale “Altargan”, prima della meravigliosa lunghissima title track, la quale spinge la componente atmosferica a livelli rituali. Musica creata per esaltare ed esaltarsi. Una poesia sonora per le tradizioni, per la storia, per il tempo, per lo spazio. Musica che abbraccia la natura, che la descrive. Musica dalla natura e per la natura. E per la ricerca della suprema verità.
(Luca Zakk) Voto: 9/10