(Misantrof ANTIRecords) Un sorriso infernale, bestiale. Un ghigno malvagio, ironico, derisione per il mondo intero, per il genere umano intero. Un inferno che attende con pazienza, banchettando, la fine di una umanità dannata, condannata, perduta. E nel frattempo il rock’n’roll delle origini suona, scuote, smuove, fa tremare. Un Rock’n’roll iniettato di sangue, di rabbia, di disgusto e repulsione. Arriva il secondo lavoro dei PLAAG. Somber Von Plaag, l’artista belga, ha sputato un’altra raffica di riff irresistibili, ma questa volta, per creare la colonna sonora della nostra discesa verso gli inferi ha aggiunto una nuova entità al suo progetto: Negativ, un oscuro personaggio che proviene dai ghiacci norvegesi, il quale ha collaborato alla stesura dei testi, ed ha offerto un contributo vocale marcio, tale da rendere il black ‘n’ roll dei Plaag ancora più tetro, ancora più black metal. I sei pezzi suonano tremendi, pesanti, ma con questa costante dose di rock’n’roll tale da rendere tutto ironico, sballato, un divertimento perverso che emerge da ogni singolo accordo. I testi si orientano sulla misantropia, in perfetto stile Plaag (Somber ODIA la razza umana). L’approccio è vario, spazia dall’ironia pura ad un livello di serietà probabilmente proveniente dal background norvegese di Negativ. “Once” apre il lavoro con queste sonorità tipiche dei primissimi Sodom, “Sticthed ‘N’ Stapled” suona altrettanto grezza, ma ricorda il rock’n’roll di Elvis Presley in overdose di cocaina, e sotto gli strumenti di tortura di una orda di bestie inviate direttamente dall’inferno. “Plague” scorre potente, ritmata, quasi un hard rock acceleratissimo, infestato da ogni sorta di malattia virale. Potenziale arma da palcoscenico l’energica “Hear ‘em Roll”: riesce impossibile stare fermi, energia che si insinua attraverso ogni singolo nervo del corpo. Un EP potentissimo che vanta la capacità di Frederik Falk (Nattefrost, ecc) al mixer, mentre il master è firmato dalla mente instabile di Daniel Vrangsinn (Carpathian Forest). L’EP chiude con il bellissimo outro “Wonderful World”, il quale, trascina fuori dall’esperienza con una dissolvenza, quasi come se una mano non umana trascinasse i resti dell’ascoltatore, verso un oblio, verso il nulla, verso la negazione dell’umanità stessa.
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10