(Autoprodotto) Debutto per questa tetra one man band canadese, impegnata in un doom/black sulfureo, malato e pericolosamente tossico. Poche sono le informazioni diffuse relativamente a questo progetto -un po’ in linea con l’oscurantismo di un certo filone estremo di quel paese- ma all’attivo finora c’era solo un altro EP uscito l’anno scorso. Il genere proposto è lento come il doom, ma graffiante e perverso come il black e questo accostamento materializza un blend inquietante che stordisce, ipnotizza e coinvolge, aprendo cancelli che danno accesso a sentieri non illuminati, sferzati da venti gelidi in costante contrasto con il calore soffocante sprigionato da quegli inferi laggiù, alla fine dei sentieri. Lenta e opprimente la title track, costruita su un riff ipnotico e dominata da vocals tetre ed altrettanto lente. Marziale, drammatica e subdolamente apocalittica “The Traveller”, a tratti più violenta “Descent”, mentre è molto ben riuscita “Unchained”: ottimi arrangiamenti, molta melodia, un generale percorso malinconico ed un assolo intrigante (eseguito dal guest Derryl Vi, della one man band Vi). La conclusiva “Alchemy” cattura con idee ossessive, tuonanti e pregne di crudeltà, ancora una volta sfruttando valide direzioni melodiche. Album scorrevole ed evocativo. Le melodie dei brani hanno un sentore ripetitivo, ma la cosa non annoia, anzi, crea un senso di continuità, una specie di abbraccio poco amorevole da parte delle tenebre più misteriose. ‘Attraverso gli occhi di zolfo’ è forse un titolo molto azzeccato in quanto l’ascolto di questi venticinque minuti scarsi altro non fa che alimentare visioni infernali popolate da scene di dannazione ed immerse in soffocanti miasmi misti a zolfo.
(Luca Zakk) Voto: 7/10