(Ektro) Album strano e complesso. I finlandesi Plain Ride provengono da quattro album di folk rock ed improvvisamente decidono di deviare -leggermente- rotta. “Skeleton Kites” è oscuro, profondo. Un disco che unisce sensazioni dark con un folk -costantemente presente nel sound dei Plain Ride- ed un’anima sostanzialmente blues. Siamo lontani da territori strettamente metal, ed il rock viene citato solo marginalmente, ma l’effetto globale è coinvolgente e durante l’ascolto riesce a stendere un velo di impenetrabile oscurità su tutto quello che ci circonda, talvolta con lyrics che hanno un humour decisamente tetro. “St. Jenny” è dannatamente bluesy, profondamente buia, sconvolta dalla timbro sporco del vocalist. Tristezza e rassegnazione con “Lt. Greely”, un pezzo con un crescendo che arriva anche a sfiorare idee doom. Il folklore è meravigliosamente dominante su “Suuri Vesi”, è palese che i Plain Ride sanno suonare questo genere, lo sanno comporre, con esso si sanno esprimere. Blues con accenni rock che mi ricordano in qualche modo anche gli Hawkwind su “Yesterdays Fire”. Trionfo della decadenza e divagazione atmosferica sulla lunga title track, mentre “Empress” riesce a mettere d’accordo tutto: rimane la base folk, emerge del blues, ma il lungo assolo a volte di supporto al cantato, è marcatamente rock, di sicuro gusto metal. Anche la conclusiva “The Siege” offre come la precedente questa vasta gamma di gusti e sensazioni, ricordando che questo è probabilmente un album transitorio, un album ispirato, un album che sta cercando la sua strada, la strada del gusto artistico della band. E, francamente, è difficile scegliere: il loro folk è coinvolgente, la loro oscurità è perfetta, mentre sembrano rocker con gusto sublime. Non so cosa seguirà, ma questa band sa decisamente regalare sensazioni.
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10