(Century Media) La band di Södertälje, Svezia, produce un nuovo album dalla fattura delicata. Dopo un album e un EP, tra il 2012 e il 2015, i Port Noir si spingono ulteriormente in avanti attraverso un sound che vede in misure ben dosate il prog, il visual, del metal e molto rock, il gothic anche. Tutto questo viene fatto attraverso un’architettura che non prevede cose complicate, ma una effettiva immediatezza del sound e più di tutto del songwriting. Ottimi gli arrangiamenti dunque e in particolare alcuni tocchi da maestro delle tastiere che svolgono il duale ruolo di accompagnatrici, di cornici delle melodie oppure ne sono spina dorsale. Del resto la band vede solo tre elementi: la stupenda voce di Love Andersson, anche chitarra, il batterista Andreas Wiberg e l’altra chitarra e seconda voce Andreas Hollstrand, dunque i tre collaborano in modo ampio e magistrale e su più piani e strumenti. I tre architettano dunque un pacchetto di canzoni che sanno passare dalla piacevole andatura accattivante, adorabile in tal senso “Earth” per la sua elettronica, il ritmo e i synth che simulano un’orchestrina di fiati”, a momenti più duri, netti, marcati, come nel caso di “Beyond the Pale” che ricorda un po’ le atmosfere dei Cult Of Luna. Il tutto avviene attraverso una poetica sonora ben definita e un pathos aggiunto dalla voce di Andersson che fa effettivamente la differenza in ogni situazione. La band sperimenta, sempre, inoltre gioca con le atmosfere, gli umori, i drammi e i sentimenti. In effetti “Any Way The Wind Carries“, ti appiccica addosso una dimensione, uno stato mentale e i suoi effetti collaterali. C’è qualcosa anche degli Anathema in questo nuovo album, anche nella scelta su come pilotare certe strofe e ovviamente la musica. Alla fine di tutto però ci sono loro, i Port Noir e questo album che suona melodie avvolgenti.
(Alberto Vitale) Voto: 8/10