(Discouraged Records) Arrivo in ritardo con il mio pezzo su questa band svedese. “In the Shadow of the Colossus” è stato pubblicato nel marzo dello scorso anno dalla Discorurged Records. Seconda release per questa band che mishia post metal, post hardcore, mathcore in forma lieve e thrash metal. In particolare nella seconda parte dell’album il taglio thrash e il groove animalesco crescono e si segnala anche “Reap What You Sow” per le sue maglie alla Soilwork. Un sound solido, quadrato, non scarno di melodie, ma di certo potenza, isteria e rabbia sono forse le cose migliori che i Pray For Locust sanno scatenare nei pezzi. Interessanti nelle variazioni, nei cambi di atmosfere, mentre i ritmi non calano mai. Il motore dei PFL è lanciato sempre a giri elevati e tali restano. Solidità eppure costruita grazie a un certosino lavoro in studio, infatti la batteria è stata registrata a Stoccolma, chitarre e basso tutte incise separatamente e in studi casalinghi. Anche la voce ha avuto un natale altrove. Poi la magia della creazione, anzi di un missaggio concreto e pulito, per un suono spettacolare e incisivo è stato a cura di Ronnie Björnström (Aeon, Hate Ammo, Zonaria e Live Elephant) in uno studio di Umeå. Ecco dunque che “In the Shadow of the Colossus” deborda nel mercato e si fa sentire con facilità, nonostante la sua architettura da legnate sui denti e un groove che sembra una colata di scorie tossiche. Al di là di queste ultime righe un po’ figurate, la band non presenta alcunché di nuovo o di eclatante, la forza dei PFL è quella di sapere dosare al meglio i diversi influssi e idee prese altrove in modo sparpagliato, il resto lo fa una produzione ben studiata. Risultato? Un album tutto sommato gradevole e non troppo ripetitivo.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10