(InsideOut Music) E anche per i mitici PFM arriva il traguardo, non da tutti, dei venti album in studio. Non deve mica essere facile, visto che il tutto è stato fatto in poco meno di quaranta anni di onoratissima carriera. Similmente per quanto fatto con il lavoro precedente, anche qui ci sono due cd, uno con la versione italiana delle tracce, l’altro con la versione ‘internazionale’, in inglese. Certo, qui si va a gusti… personalmente trovo la versione italiana più azzeccata, ma diciamo che a livello di contenuti i due cd contengono esattamente lo stesso materiale. Il materiale, appunto… beh, il titolo da un indizio importante, citando quasi integralmente il titolo del libro di Dick da cui è tratto il film Blade Runner; ma queste non sono le uniche somiglianze. Infatti, sin dalla prima traccia, la band, ora rappresentata ormai da anni dal solo Di Cioccio come membro fondatore, mette in chiaro le cose e narra di un contesto piuttosto specifico, ossia il rapporto uomo/macchina e le implicazioni che tale rapporto ha avuto nel nostro recentissimo passato, fatto di pandemie, lavoro da remoto e scuola a distanza. Il suono è irrimediabilmente PFM, dalla prima all’ultima nota, quasi una colonna sonora alternativa al film di Scott sopra citato, in cui un Di Cioccio in spolvero anche come cantante mostra tutta la sua versatilità confezionando un articolo ponderato e aggraziato nel suo fluido susseguirsi di parti veloci e parti lente, le prime forse mai così pesanti, dove presenti. Un ricercato concept che continua una splendida discografia, fatta praticamente di soli successi musicali, almeno nell’ispirazione che li ha prodotti. Per fortuna che nel 2021 c’è ancora la PFM ad insegnare ai gruppi neofiti cosa significhi fare un concept prog metal…
(Enrico MEDOACUS) Voto: 9/10