(Long Branch Records) Prong, nuovo album. Un po’ come se il papà tornasse a casa e i bimbi saltano di gioia. Si, c’è da tornare bambini al pensiero di un nuovo album dei Prong. Loro sono tra quelli che hanno offerto qualcosa al metal, ma spesso passano sotto traccia. Mai sentito nominare il “crossover”? Ok, loro lo hanno modellato, forse non lo hanno inventato, ma sicuramente con loro le cose si sono accelerate di molti anni. Basta con l’approccio storico, con la solita introduzione incensante e didattica su una gloria che ritorna. Prong, un nome che ha dentro un suono, ma che si porta dietro. “Eternal Heat” riprende i crismi del thrash metal, ma agile e ben architettato, “Ammunition” è un brano dove in cui l’hardcore, l’hard rock e il thrash (il terzo in misura maggiore) si fondono creando l’intesa perfetta, nascondendosi l’uno all’altro. Il thrash è la base di partenza, ma per non rischiare di essere banali i Prong si giocano la carta “Revenge_Served Cold”, una canzone radiofonica visto che usa il rock ballabile e alternativo. La musicalità di “State of Rebellion” è estremamente sviluppata nel ritornello, il quale ricorda i Faith No More, e riporta proprio quelle atmosfere stilistiche ormai assenti dalla scena metal. Arriva anche l’immancabile bordata hardcore, “List of Grievances”, la quale sembra una subdola alterazione dei Metallica dell’era pre-commerciale. Buone le due canzoni finali, “Path of the Last Resistance” e “Reinvestigate”, la prima ha il suo incedere robusto sul post-rock con l’ottimo contrappunto vocale di Victor e la seconda è pura palestra per le pelli di Alexei Rodriguez. Al di là dell’aspetto stilistico e delle sfumature – sempre in orbita thrash metal e lontano da estremismi, ma vicinissimi alla melodia, questo sono sempre stati i Prong- “Carved Into Stone” espone una combinazione ammirevole tra le plettrate della chitarra di Tommy Victor e le divagazioni ritmiche della batteria di Alexei, sapientemente bilanciate dalle mani esperte di Steve Evetts (Dillinger Escape Plan, Suicide Silence). Tommy è in gran forma (sai che scoperta), ascoltato di recente su “Relapse” dei Ministry, prima ancora con i Danzig, si propone in questo ritorno dei Prong con una chitarra potente e capace di sprigionare assoli illuminanti. Per dovere di cronaca anche Tony Campos vibra il suo basso con efficacia. Eppure questo ritorno, comunque gradito, non è strabiliante. Se tre musicisti vanno in giro continuamente a suonare e con band d’avanguardia (anche Campos, con Ministry e Soulfly) si spera di sentire qualcosa di epocale e invece i Prong riconfermano se stessi, lucidano il proprio sound con cura e alla fine ti piazzano un album perfetto per i fans di sempre. La stessa cosa era già accaduta per i precedenti lavori, ma nella sostanza non deludono.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10