(Black Widow Records) La band bresciana Psycho Praxis si esibisce in un ragionato e raffinato sound rock progressive degli anni ’70. Già lo stile dell’opener “Privileged Station” mi ha riportato alla mente gli Atomic Rooster di “Death Walks Behind You”, mentre altre sonorità gloriose che potrei citare per dare un’idea di cosa sia questa musica sono Jethro Tull e Van Der Graaf Generator. Anche la formazione si rifà ad una tipica degli anni addietro del rock, visto che Andrea Calzoni oltre a cantare si esibisce anche con il flauto. “Hoodlums” è un canto intenso e musica che dipinge emozioni con bei passaggi della chitarra di Paolo Vacchelli e bilanciati dall’organo (sempre in forma) di Paolo Tognazzi. Il brano si spegne lentamente in una coda strumentale ed ecco giungere “Black Crow”. Incipit intimista, poi è un duello ad armi pari tra flauto, la batteria di Matteo Tognazzi, voce, il basso di Matteo Marini e tutti gli altri i quali vanno a intrecciare melodie e una struttura estremamente evoluta. E’ forse il momento centrale, e non solo per la posizione in scaletta, e credo che nemmeno “Awarness”, la strumentale dell’album, riesca a eguagliare l’accoppiata precedente. Il progressive dei Psycho Praxis è totalmente ispirato a quel periodo terminale degli anni ’60 e il primo lustro dei ’70. La band affascina nella scelta dei suoni e strumenti vintage, i quali non sfigurano e affascinano l’ascoltatore appassionato di queste soluzioni. Invece è l’atteggiamento prog, il costrutto dei pezzi che a volte non riesce ad essere fluido e disorienta. “Echoes from the Deep” è comunque un lavoro atipico e che possiede un suo discreto fascino.
(Alberto Vitale) Voto: 7/10