(Inner Wound) Seguo i Pyramaze dagli esordi a metà degli anni 2000, e il loro secondo album “Legend of the bone Carver” è uno dei miei dischi power metal preferiti: mi fa piacere ritrovare sul mercato i danesi con il quarto full-“length” e dopo uno stop lunghissimo, durato oltre sette anni. Per quello che posso vedere, il sound si è decisamente alleggerito rispetto al passato, e tende a un melodic metal che talora ha dei punti di contatto anche con l’hard rock. Dopo l’epica intro, “The Battle of Paridas” sfodera un convincente refrain alla Masterplan: il sound è pieno e avvolgente grazie a una batteria ben registrata e a delle tastiere che costruiscono uno splendido tappeto. Melodie vincenti, stile Primal Fear, anche per la fluviale titletrack, mentre “Genetic Process” è di nuovo un power/melodic metal solido e vibrante, che mi ha riportato ai meravigliosi risultati di “Areonautics”. Veloce e serrata “Fearless”, chitarroni più intensi e più americani in “Perfectly imperfect”, nella quale, però, restano sempre fondamentali le keys. C’è più rabbia e più energia anche in “Hope springs Eternal”, che arriva quasi a contatto con gli Iced Earth (non dimentichiamo che nella band ha militato anche Matt Barlow); in una scaletta che ha forse l’unico difetto di essere un po’ troppo lunga, con qualche inevitabile ripetizione di stilemi e atmosfere, si distingue ancora la solare “When Black turns to White”, prima che l’amara ballad “Photograph” chiuda le danze. Per chi scrive un gradito ritorno, nella speranza che questa band rinnovata nel sound e nella lineup non sparisca di nuovo!
(René Urkus) Voto: 7,5/10