(Golden Axe) Ne è passato di tempo da “The Serpent’s Curse”, del 2012, l’ultimo album dei Pythia che abbia ascoltato; la band inglese ha poi prodotto “Shadows of a broken Past” nel 2014, ed è quindi passata attraverso importanti cambi di informazione, che hanno visto mutare anche la front lady (la nuova singer si chiama Sophie Dorman). Cosa offrono i Pythia oggi? Al netto della solare intro, “An earthen Lament” dispiega un gothic/melodic metal che mi ha fatto pensare ai nostri Secret Rule per la strofa dura e ai Visions of Atlantis per il refrain morbido, sul quale Sophie svetta ad altezze frastornanti. C’è un po’ di tutto, forse troppo, in “Spirits of the Trees”, da momenti extreme metal a sinfonismi Nightwish a passaggi Within Temptation; altrettanto confusionaria risulta “Ancient Soul”, per la quale l’impressione è che i nostri abbiano voluto strafare. Purtroppo il problema continua nel resto della scaletta: le atmosfere pesanti e vagamente cinematografiche di “Your dark Reign” sono sovraccariche; l’extreme metal di “Hold of Winter” è frastornante e poco funzionale. Il brano migliore è alla fine della tracklist e si tratta di “Soul to the Sea”, dal fascino ondeggiante alla Within Temptation; resta però l’impressione di un album con diversi colpi a vuoto.
(René Urkus) Voto: 6/10