(Soulseller) I Quadrivium non sono qualcosa di innovativo, ma gli riconosco di essere una band nettamente capace ed estrosa. Non sono innovativi perché l’ascolto di questa nuova opera, dopo il debut del 2008, mi ha fatto ricordare gli Arcturus e infatti nell’album compare anche Carl August Tidemann (ex-Arcturus, Winds e altri). “Metocha” è un carnevale di suoni, una continua rappresentazione di emozioni proposte sotto una veste musicale. Black metal costruito con riff poderosi, solenni, ma non eccessivamente granitici, in modo da funzionare al meglio con l’impianto dei synth, protagonisti al pari delle chitarre nello sviluppo delle melodie e trame sonore che si trovano nell’album. In tutto questo contribuisce alla musicalità delle canzoni anche il continuo confronto tra le clean vocal di Attila Bakos e le raw vocal di Leif Johan Strode Godø e altri. Non male anche il lavoro funzionale e preciso di Etienne gallo, sempre ben inserito nelle sperimentazioni e nelle fasi di natura progressive o addirittura psichedeliche. Meno riuscito l’inserimento di Svein-Ivar Sarassen, il bassista a volte è sepolto soprattutto dalle tastiere. Oltre questo scenario elaborato e quasi teatrale i Quadrivium si concedono anche dei momenti più ruvidi, come “Destroyer” e la discontinuità tra il puro black metal e le totali sospensioni della musica di “The Labyrinth of Infinity”. Le sonorità migliori o comunque più accattivanti sono i tratti sperimentali ed epico-spaziali di “Eye of Mimas” o quelli barocchi e melodrammatici di “Deep Syphon Focus”. Il progressive quasi puro compare spesso, come testimonia da subito la titletrack posta ad inizio album, ma trionfa nella conclusiva “Blackbird Abiogenesis”. Alcuni dei musicisti citati e quelli che non lo sono, vanno collegati a precedenti esperienze con Ragnarok, Sworn e altri. La registrazione dell’album ha coinvolto sette persone, più Tidemann. I Quadrivium si ripresentano con una capacità compositiva maturata e decisamente interessante.
(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10