(Steamhammer / SPV) Quest’anno i Rage festeggiano il loro quarantesimo anniversario di una carriera sempre condotta ad alti livelli; quarant’anni durante i quali la band capitanata dall’inossidabile Peter ‘Peavy’ Wagner ha tenuto sempre alta la bandiera del metal tedesco, senza per questo fossilizzarsi, ma anzi, espandendo i propri orizzonti, basti pensare alle orchestrazioni che hanno caratterizzato “XIII” e “Lingua Mortis”. Una ricorrenza che avrebbe potuto essere festeggiata con l’ennesimo live album, oppure con un greatest hits celebrativo, ma a quanto pare i Rage sono ancora ben lontani dalla pensione, ed hanno preferito celebrare queste quattro decadi con un doppio album della durata complessiva di circa novanta minuti. L’album è diviso in due parti: la prima è intitolata “Afterlife” e mette in mostra il lato più power/thrash del terzetto, mentre la seconda, “Lifelines”, riporta in auge le orchestrazioni tanto care a Peavy. “Afterlife” mi ha esaltato non poco, con brani capaci di coinvolgermi come solo “The Missing Link” e “Black In Mind” erano riusciti a fare, senza tuttavia copiarne lo stile. I riff sono potenti, spacca ossa, mentre la voce di Wagner si conferma deliziosamente sguaiata e ‘crucca’ nella sua ruvidità, anche se si fanno sentire parecchie influenze modern thrash e groovy, come su “Under A Black Crown” e “Afterlife”. Il secondo disco, dal titolo “Lifelines”, come precedentemente detto vede un ritorno alle orchestrazioni, curate dal tastierista tedesco Marco Grasshoff, le quali conferiscono quella componente sinfonica presente nella produzione di fine anni ’90, anche se non così marcata come nel passato. “Cold Desire” riassume bene lo stile di questa seconda parte, con le parti orchestrali che fanno da impalcatura sulla quale costruire riff incalzanti e potenti, anche se meno lanciati ad alte velocità. “Curse The Night” è solenne, sinfonica e progressiva, con un ritornello solenne, “Dying To Live” è una meravigliosa ballad dal sapore folk a-là Blind Guardian, mentre “Lifelines” è una sorta di lunga suite (dura quasi dieci minuti) che alterna atmosfere oscure ad altre dal mood ottimista, in un caleidoscopio di emozioni per un brano decisamente ambizioso. Nonostante la lunghezza, “Afterlifelines” scorre via che è un piacere, riuscendo ad accontentare sia i fans del repertorio più aggressivo, sia gli amanti dei Rage più sperimentali.
(Matteo Piotto) Voto: 9/10