(Pavement Entertainment) I Raging Dead sono sempre più incazzati e sempre più morti. Il loro horror punk/rock è sempre esplosivo, furioso, devastante e loro giungono finalmente al debutto, dopo l’EP “Born In Rage” (recensione qui), con un full length che convince immediatamente. Proprio in occasione dell’EP li comparai a quegli altri defunti da palcoscenico che ora si chiamano Superhorror: se questi ultimi hanno abbandonato il suffisso “fuck” e musicalmente hanno intrapreso strade molto più melodiche, bluesy e ricche di tecnica (pur rimanendo vastamente provocanti), i Raging Dead invece hanno affondato la lama nella ferita dando origine ad un disco feroce, aggressivo, con una componente punk -già presente in precedenza- che si evolve verso un heavy metal rabbioso, ricco di modernità ma anche fedele ad uno stile che mi fa pensare a certi capitoli dei Tankard con un tocco di sfacciataggine che un po’ si trovava nei Motörhead. “Streets of Rage” apre con una violenza inaudita. Un ‘punk metallizzato’ che permette al singer Cloud Shade di riscaldare le corde vocali straziandole senza rispetto o remora. “When the Night Falls” è subdola: contiene la semplicità che piace oltre oceano, quella che ha reso famose bands come Green Day ed Offspring, ma vanta un tocco di classe che la colloca in un’ambientazione sensuale con esplosioni di rabbia condite da un gusto melodico maledetto circondato da linee di basso capaci di esaltare il tutto… prima di un ritornello indimenticabile, provocante, perfetto da cantare in coro, perfetto per le urla stonate di un pubblico sudato, esaltato e fuori controllo. “Within Shadow” è boogie in chiave punk/metal: un po’ si sente il vago tributo ai sopra citati colleghi ma il brano è veramente fantastico, di quelli da sparare a manetta in auto con il piede piantato sull’acceleratore, fregandosene di traffico, limiti e forze dell’ordine. “Army of the Restless” mostra il lato oscuro e riflessivo della band: impostazione moderna, un punk che diventa modern metal con eccitanti provocazioni hard rock. Ottime le teorie melodiche di “Crimson Garden”, brano con un refrain intelligente ed una struttura generale che mette bene in vista le qualità compositive della band, la quale si diverte a ‘fare casino’ ma è ben lontana dal concetto di band solo rumorosa, ovvia e prevedibile. Sfacciati e ribelli con “Scratch Me”, un brano con un altro ritornello indovinato. Emozionati ed emozionali con la conclusiva “Ballad of the Storm”, una canzone comunque potente, grintosa, vicino al concetto di ‘ballad’ solo nella parte introduttiva e nel… titolo! Dietro una bellissima copertina curata da Andrea Falaschi (Deathless Legacy) questi ragazzi sono arrivati molto avanti. Hanno fatto tanta gavetta umile ed intelligente, hanno suonato ovunque e con chiunque, maturando esperienza vera anziché rinchiudersi in cameretta sfornando album fotocopia fatti al computer, album che nessuno avrebbe mai notato. Ed infatti, dal nulla mediatico dell’underground italiano, questi quattro ragazzi -tra l’altro forti di una formazione stabile- sono rimasti fedeli alla linea, hanno dimostrato brutalità, coraggio ed anche umiltà stilistica. E non a caso questa release esce sotto un’etichetta d’oltreoceano. Non sarà grande major, ok, ma non siamo nemmeno dentro i campanilistici confini del paesetto di provincia. È un gran inizio. E, morti o vivi che siano, cazzo se se lo meritano!
(Luca Zakk) Voto: 8,5/10