(Autoprodotto / Timezone Records) Il chitarrista e polistrumentista tedesco Raimund Burke è sulla scena da molti anni; non solo ha militato in varie bands, ma vanta altri quattro dischi come solista. Con questo nuovo quinto album l’artista ha voluto andare oltre: non solo ha composto, suonato, arrangiato e prodotto tutto da solo… ma questa volta ha chiamato un manipolo di artisti ai quali è stato affidato il microfono: Roland Grapow (Masterplan, ex Helloween), Rasmus Andersen (Diamond Head), Henning Basse (ex Firewind, ex Metalium), Oliver Hartmann, Sebastian Zierof, Christian Erik e David Readman (Pink Cream 69, Tank)! Tanto heavy metal, impostazioni prog, divagazioni atmosferiche, canzoni costruite senza puntare ai virtuosismi, anche se comunque presenti, brani pensati per avere un ampio ventaglio di groove, teatralità, variazioni e progressioni. Oltre agli strumenti convenzionali, molto ben suonati, Raimund ha voluto inserire una tonalità orientale, anche legata alla filosofia di Lao Tzu/Laozi, di fatto alla base del concept dell’album: compaiono tra e nei i brani dei suggestivi strumenti tradizionali cinesi, senza dimenticare che l’intro stesso dell’album è recitato in lingua cinese… dallo stesso Raimund, supportato dal coaching del maestro Jan Silberstorff. L’album ha una certa durata (oltre un’ora) e non vanta accenti palesemente particolari, momenti altamente più impattanti di altri, anche se ogni brano ha la sua costruzione efficace ed energetica. Il disco, nell’insieme, scorre via liscio, sempre ricco di musicalità, di forza, strizzando sempre l’occhio al prog ma tenendo salde le radici nell’heavy metal classico, di matrice tedesca. Tra i vocalist emerge il talento di Sebastian Zierof (il quale un po’ ricorda Kiske) con la title track e con “Movement Of DAO”, mentre appare oscuro e minaccioso Roland Grapow su “If All On Earth”. Aggressivo e maledettamente heavy David Readman su “Mother Of The World“, mentre per queste sonorità è forse Henning Basse l’ugola più adatta, come dimostrato su “One Brings About”. Un banchetto di heavy metal melodico, un uragano di assoli molto ben incastrati, una infinità di arrangiamenti ricercati e tutt’altro che scontati: un album che prendendo la scuola di Helloween, Stratovarius e Michael Schenker si rivela un’opera ambiziosa, ricca di spunti, concepita in maniera eccellente anche se leggermente dispersiva. Forse con qualche minuto in meno, con qualche intensificazione di alcuni ritornelli o di certi passaggi melodici, l’album si sarebbe rivelato decisamente più accattivante, più eccitante e meno lineare. Rimane comunque certo che tutti gli amanti dell’heavy ricercato, come quello delle band sopra citate, ascolteranno questo “Secret Life” con infinito piacere!
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10