(WormHoleDeath Records) Al di la dei gusti personali, va sicuramente riconosciuto ai Greci Raw In Sect il fatto di essere una delle bands più originali ed inclassificabili uscite negli ultimi anni. Trovo infatti arduo dare una definizione alla proposta musicale di questi ragazzi, sospesi come sono tra thrash metal, alternative e psichedelia. L’album parte in maniera abbastanza comune “On The Run”, mid tempo roccioso e accattivante, con vocals potenti ma melodiche. La successiva “All Istincts Trip” è più tirata e thrashy, caratterizzata da melodie piuttosto originali, ma sui generis. Con “Cutting My Skin”, cominciano le sorprese: aperta da un arpeggio distorto, la song vira verso sonorità che mischiano thrash e alternative, con riffs monolitici e stralunati, mentre il cantato di Kostas Diamandis ricorda un po’ il Phil Anselmo più melodico. “Black Stoner”è assurdamente geniale: il brano ha un incedere lento, tipicamente stoner, ma con un’impostazione thrash nelle sonorità e un drumming variegato che ricorda da vicino certe partiture dei Mastodon, mentre nel finale le atmosfere sono decisamente dilatate e psichedeliche, caratteristica che ritroveremo spesso lungo lo scorrere dei brani. “Abeer Qassim Hamza (A Glowing Shade)” è ricca di sonorità arabeggianti, con un finale acustico e languidi cori. La title track è aperta da un arpeggio nuovamente psichedelico, voci soffuse e un drumming sincopato; l’atmosfera è spettrale e desertica allo stesso tempo, una sorta di stoner oscuro, fino all’entrata della chitarra distorta, che macina riffs pesanti, duettando con la sei corde acustica, che si interrompe nel ritornello urlato, durante il quale partono assoli lisergici totalmente fuori controllo. Un’intro dal sapore noise apre “Migraines”, un intermezzo pianistico che precede il giro di basso di “Drowning In The Norm”, pezzo dalle sonorità pesantissime in bilico tra stoner e sludge. Un nuovo arpeggio di chitarra, accompagnato dalla voce baritonale, apre “High On Wawes”, che alterna atmosfere dark e decadenti, ad un riff pesantissimo, con armonie di chitarra non lontane da quelle usate dai Kreator ai tempi di “Outcast”. Ancora atmosfere fortemente psichedeliche in “10th Circle”, guidate dal rullante che suona una marcetta di tipo militaresco, mentre una voce stralunata e triste viene accompagnata da chitarra acustica e fisarmonica. I pianti che si sentono, riflettono la tematica trattata in questo brano, ossia la violenza verso le donne. Chiude questo particolarissimo album “ Υπατία”, aperta dal suono della pioggia, con tuoni in sottofondo, e dominate da percussioni, voci femminili e tastiere che creano un’atmosfera agghiacciante e molto oscura. Un album totalmente sperimentale, che richiederà svariati ascolti, prima di essere capito a fondo, ma unico nel suo genere. Geniale!!!
(Matteo Piotto) Voto: 10/10