(Icons Creating Evil Art) Sono bizzarri ed eccitanti i Reach, trio svedese che si lascia andare lascivamente ad un rock libero, intenso, creativo, avvolgente. Lo chiamano alternative rock, ma questo “The Promise of a Life” è una versione moderna di un rock/pop iper-classico, tanto che è molto difficile resistere alle sensuali melodie, alle provocanti ritmiche, all’impostazione suggestiva e dannatamente sensuale che risveglia ricordi lontani. Con questo lavoro la band celebra il primo decennio di attività e rivela quanto la musica riesca ad andare oltre, toccando sentimenti, stati d’animo, influenzando il semplice scorrere della vita quotidiana. Irriverente la dinamica sonora di “New Frontier”, con quei fiati, quel groove circense, quella libertà stilistica che non dovrebbe mai mancare ad una band rock. Terribilmente tagliente, mostruosamente oscura e indicibilmente pop “The Law”, fuori controllo “Young Again”, un pezzo che riesce ad abbracciare epoche antiche del rock con una modernità sconcertante. Tecnica attuale seppur legata a sonorità di altri tempi con “Satellite”, un pezzo che va ascoltato per ricordare, riesumare… e poi sedurre, amare, vivere. Contorta ed esplosiva “Motherland”… canzone che riscrive i confini del rock, mentre il viaggio introspettivo di “The Seventh Seal” regala il dono della vita, del respiro ad un brano già infinitamente superlativo. Rock moderno e brillante con “Higher Ground”, un muro di malinconia con la piromania di “Cover My Traces”. Vibrante e ricca di elettronica “The Streets”, prima della conclusiva e malinconica “Promise Of A Life”. Idee prog che conducono ad una brillante e generale oscurità di base. Musica creata con genialità per il puro piacere di creare musica: suoni liberi da legami, privi di impegni, di regole, di direzioni predefinite. “The Promise of a Life” è un album da assaporare a ripetizione… un album che vuole quel caviale, quel vino pregiato, quel drink ricercato, quel tabacco per intenditori.
(Luca Zakk) Voto: 9/10