(The Vinyl Division/Grey Beton Records/Inverse Records) I melodic/funeral doomsters finlandesi Red Moon Architect tornano a due anni dall’ultimo album (e singolo) con qualcosa che spiazza e devasta psicologicamente. Le vocals si fanno ancor più estreme ed incomprensibili, scompaiono quelle femminili, scompare quel senso di epica decadenza: rimane solo ed esclusivamente un senso di disperazione senza confini, senza limiti, senza fine. Le dichiarazioni parlano chiaro: a volte sei così abbattuto che non vuoi più risollevarti. Apparentemente ci sono dei testi, ma non sono stati diffusi in quanto troppo personali: ma la tortura delle sfuggenti linee vocali non lascia spazio all’immaginazione e viene esaltata dalle ritmiche maledettamente lente, dalle keys apocalittiche, da accordi di chitarra prolungati e dannatamente oscuri. I pochi segni di melodia sono raccapriccianti, un’esaltazione assoluta della depressione più acuta, la depressione senza speranza, senza una via di uscita se non quella più tragica. Tre imponenti brani: la prima parte (quasi venti minuti) di funeral doom atmosferico con dissacranti divagazioni liturgiche, la seconda (cinque minuti) di soffocante dispersività noise/ambient nella quale poche oscure note riescono a farsi strada per esaltare l’assoluto dolore, ed infine la terza parte (oltre il quarto d’ora) dove la melodia è più presente, più dominante, più aggravante, ma ancora una volta irreversibilmente mortale. Intimità di un contorto labirinto mentale riversata in espressività sonora: un testamento emozionale senza speranza, senza ottimismo, senza una via di fuga. Tuttavia, da qualche parte, esiste ancora un ancestrale istinto che cerca la strada della sopravvivenza… e forse… un giorno… ci sarà ancora la luce.
(Luca Zakk) Voto: 7/10