(My Graveyard Productions) Dopo un silenzio discografico piuttosto lungo, interrotto soltanto dal 7’’ di qualche mese fa, i Rosae Crucis tornano finalmente alla carica con un disco di inediti, in questo caso, come è facile indovinare, dedicato alla storia e al mito della Massoneria. Non devo certo ricordare ai lettori di MetalHead che abbiamo qui a che fare con una delle bandiere dell’heavy metal italiano, e la definitiva scelta per il cantato in lingua, per quel che mi riguarda, aumenta ancora le quotazioni di questa band inossidabile e ‘true’ come poche altre. Fatte queste premesse, posso annunciare che “Massoneria” è naturalmente un signor album, che guadagna in solidità quello che, rispetto alle produzioni precedenti, perde in immediatezza: se proprio devo muovere una critica costruttiva, direi che ho sentito la mancanza di qualche ritornello immediato in più da cantare a squarciagola, come quelli del “Re del Mondo”, di “Crociata” o di “Fede Potere Vendetta”. Dopo la intro, “Hiram Abif”, dedicata al mitologico costruttore del tempo di Salomone, è condotta secondo il perfetto stile Rosae Crucis: evocativo testo in italiano, sezione ritmica rotonda e in bella evidenza, chitarre spigolose e la grintosa voce di Ciape costruiscono un brano che non manca affatto di foga e aggressività. Terremotante “Sancta Sanctorum”, che rievoca ottimamente le atmosfere del “Re del Mondo”; “Militia Templi”, ritmata dal refrain in latino, contiene anche quello che mi sembra un diretto riferimento alla band e alla sua caparbietà nel diffondere il verbo dell’heavy metal italiano (‘Passano gli anni e siamo sempre in piedi al vostro fianco / Custodi di una fede che combatte il nuovo mondo’). “Guerra santa” celebra ancora, con il testo migliore del disco, il mito delle Crociate, particolarmente caro ai capitolini; “Il Marchio dell’Infamia” è invece dedicata alla tragica fine dei Templari e del loro Gran Maestro Jacques de Molay, con la cui profezia contro Clemente V e Filippo il Bello si chiude infatti il brano. “Summi Architecti Gloriam”, con un altro refrain di classe superiore, termina con stralci di telegiornali che fanno riferimento alla P2 e al suo Venerabile Maestro Licio Gelli; ipnotica anche la titletrack prima di “Oriente Eterno”, che su note di Mozart recita il giuramento dei novizi. La fine della tracklist ospita un pezzo atipico per i Rosae Crucis: “Terra mia” è una power ballad dove ampio spazio hanno le chitarre acustiche e un pervadente senso di nostalgia (negli ultimi secondi c’è una evocativa autocitazione da “Crociata”). Mi ripeto, quando ci vuole ci vuole: un altro colpo da maestro per i capitolini e per la My Graveyard Productions, sempre più attenta in fatto di metallo tricolore.
(René Urkus) Voto: 8/10