(autoprodotto) Una band strana ma attraente, capitanata da Sharoón Eliashar, una artista nata a Gerusalemme ma cresciuta nei deserti della California, una musicista con basi classiche, medio-orientali ed etniche. Con lei un manipolo di artisti e tecnici di spicco, gente che ha lavorato anche con Dream Theater, per dare vita ad un pugno di canzoni che trovano radice nel rock, nel desert rock… lasciandosi però andare a influenze e divagazioni esotiche, dal tocco esplicitamente medio orientale. Parliamoci chiaro: è da un po’ di tempo che non sento roba del genere fatta in questo modo così ispirato, precisamente dal 1969, quando uscì “Escalator” di Sam Gopal, con un certo Ian Willis (Lemmy!) in line up! Otto brani di rock ben fatto, decisamente vintage, molto proggy, ricco di assoli, ma farcito da sonorità etniche e un manipolo di altri strumenti, spesso suonati da ospiti, che contribuiscono a questo sapore unico, distintivo, infinitamente provocante. C’è una pesante pennellata di rock progressivo etnico, cose che solitamente vengono dal Regno Unito o dalla Scandinavia, ma l’incedere dei brani ha quel sapore a-là ‘Mille e una notte’, quel senso magico, quella dimensione esoterica capace di stimolare i sensi. Tracce come “In the Garden” sono la rappresentazione perfetta di questa molteplicità di aspetti artistici, di influenze differenti, mentre “Tremor” un po’ lascia da parte l’oriente per concentrarsi in un dark noir esaltato da un sassofono semplicemente superlativo. La title track è tanto elettrica quanto misteriosa, mentre è deliziosamente atmosferica “The Tent”. Pulsante “Salome”, intima “You Give”. È rock e non è rock. Non è certo metal, ma tante componenti sono perfettamente compatibili con il gusto di chi ama varie tipologie di metal. Quindi? Mettete le cuffie e lasciatevi trasportare… le sensazioni saranno un turbinio di emozioni uniche!

(Luca Zakk) Voto: 8/10