(Nuclear Blast/Audioglobe) In passato ho apprezzato non poco i Sabaton, soprattutto per quel capolavoro che risponde al nome di “The Art of War”; ma oggi, ahimè, dovrò essere particolarmente critico nei confronti della band svedese, tra l’altro reduce da una notevolissima rottura che ha portato al cambio di 2/3 dell’organico. Il precedente album “Coat of Arms”, che aveva decretato il successo internazionale di questa band prima non troppo nota, era sicuramente il prodotto più debole della loro discografia; il live successivo, senza infamia e senza lode, presentando brani di periodi diversi uno dietro l’altro aveva evidenziato l’incredibile staticità del songwriting a distanza di anni. E adesso abbiamo “Carolus Rex”, che manifesta tutti i limiti di questa band monotematica. Come al solito il disco è breve (44 minuti), come per “Coat of Arms” ha delle edizioni speciali che non vale la pena comprare (quella in due cd presenta l’intero album cantato in inglese e in svedese; quella in doppio vinile ha 3 e poco interessanti bonustracks); e soprattutto è costruito come una fotocopia degli ultimi due platter. Si può allora fare grande sfoggio di conoscenze storiche (il tutto è dedicato a Carlo XII, l’ultimo dei grandi sovrani svedesi), ma se le canzoni sono sempre costruite sugli stessi giri a che vale un testo documentato? “The Lion from the North” costituisce null’altro che una variazione sul tema di “Coat of Arms” (il brano, non il disco), e la successiva “Gott mit uns” è rubacchiata ai Running Wild con il suo andamento folkeggiante. La drammatica (nel senso buono, sia chiaro!) “A Lifetime of War” non va troppo lontana nella struttura da “The final Solution” (da “Coat of Arms” – il disco, non il brano). “The Carolean’s Prayer” recupera ritmi, andamento e cori di “The Price of a Mile” (da “The Art of War”), anche se bisogna riconoscere agli svedesi che riescono sempre benissimo nei mid-tempo cadenzati pesanti come macigni. Il singolo scelto, ovvero la titeltrack, è forse il pezzo meno melodico dell’intera tracklist, e anche questa scelta non si comprende bene: per presentarsi al grande pubblico i Sabaton avrebbero abbagliato tutti con il loro sound boombastico lanciato a mille, perché scegliere un brano lento, impostato e poco squillante? Gradevole – ma niente di più – la successiva cavalcata “Killing Ground”, finalmente in conclusione la maestà delle vecchie produzioni riemerge in “Long Live the King”… ma ormai “Carolus Rex” si è concluso e nell’ascoltatore i sussulti saranno stati giusto un paio. Se non avete mai ascoltato i Sabaton e cominciate da qui magari il disco potrà anche piacervi, ma al di là del fattore simpatia quando le idee espresse sono così scarse non si può promuovere un disco.
(Renato de Filippis) Voto: 5,5/10