(Code666 Records) A quasi due anni dalla release del grandioso “Ritu”, arriva il terzo lavoro dei belgi Saille. “Ritu” lo adorai: fantastica la copertina, grandioso il disco. Ricordo che lo definii la risposta ad un black metal sinfonico latitante, forse morente. Questo nuovo “Eldritch” rimane sinfonico con molte tastiere e -nuovamente- strumenti non convenzionali ma reali, quali l’oboe. Ma ciò non toglie il fatto che il sound dei Saille si sia incattivito, diventando più orientato alla chitarra, più violento … ed in un certo senso meno ricco di novità, di originalità. Anche la copertina quasi scontata non è più quel portale verde che ancora occupa i miei incubi più sconvolgenti. Fortunatamente questa mia personale delusione è fronteggiata da un ottimo songwriting, una perfetta esecuzione, buone idee, una discreta identità personale. L’album presenta nove tracce, le quali costituiscono un concept album che tocca, descrive, evoca vari capolavori della letteratura horror. Registrato molto bene, ricco di dettagli non facilmente percepibili senza prestare assoluta attenzione (si consiglia vivamente l’ascolto in cuffia), “Eldritch” è un buon album di black che non scorda la componente sinfonica e che porta a pensare a acts quali Dimmu Borgir o Old Man’s Child. La opener “Emerald” non perdona e propone un fattore ricorrente nell’album, ovvero un intermezzo atmosferico, inquietante, pieno di paura e feeling horror: molto ben fatto, catapulta su una sezione pesantissima, cadenzata, decisamente irresistibile. Violenta e sinfonica “Walpurgis”, un pezzo dove non manca la tastiera ma nemmeno i blast beats furiosi. Ottima “The Great God Pan”: gustosamente derivativa nella parte più tirata, ma con una variante parlata ed atmosferica decisamente crudele, perversa, piena di orrore, con molte altre varianti dentro lo sviluppo di questo pezzo che si rivela essere tra i migliori dell’album. Potente e melodica “Aklo”, violenta e molto oscura -anche grazie all’intermezzo acustico- l’ottima “Cold War”. Trionfante “Eater of Worlds”, crudele “Red Death”, mentre “Dagon” ripropone con maestria un complesso gioco di archi che disegnano suoni sanguinanti sopra a ritmiche taglienti ed un singing senza pietà alcuna.LA conclusiva “Carcosa” è monumentale, ottim, ed assolutamente toccante. “Eldritch” è un gran bel disco: certo, non mi ha scatenato i brividi del precedente e non c’è una cover ipnotica che attira magneticamente e, forse giustamente, non c’è più quella sensazione di amore ritrovato, sound ritornato. Ok, un album è un’opera completa composta da vari dettagli, ma è la musica ad essere il prodotto principale di una band; e nel caso dei Saille ci sono oltre cinquanta cinque minuti di musica perfetta, coinvolgente, mai troppo scontata, sicuramente mai banale. C’è ricerca, voglia di creare, molto gusto. E c’è un album che non sarà il black sinfonico rivelazione, ma -ascoltato con attenzione- è ancora un ottimo esempio del genere e conferma il fatto che i Saille sono tra i migliori attori all’interno di questi parametri musicali.
(Luca Zakk) Voto: 7,5/10