(Hammerheart Records) Male espresso senza pietà alcuna. Se siete alla ricerca di black metal elaborato, pieno di orchestrazioni, con linee vocali atmosferiche, corali o complesse, strutturato con suoni puliti e rifiniti, riffing poderosi e trionfali, allora avete varcato la porta sbagliata. E, peggio per voi, non c’è alcun ritorno, in quanto il quinto album di questo progetto di origini olandesi non offre alcuna forma di respiro o pietà, niente pace, niente riposo, nemmeno quello eterno. Le otto tracce sono feroci e sono black metal primordiale, devastante, con influenze che odorano di death e speed metal. “Shot in Mass” apre il disco con una cattiveria inaudita… senza introduzione, senza un minimo di accompagnamento verso gli inferi che si stanno schiudendo dinnanzi all’ascoltatore. No, “Shot in Mass” è brutale e letale, veloce e tormentata, dal primo all’ultimo secondo, ed è pure capace di offrire riff accattivanti ed un gioco di melodie perverse di orientamento estremamente demoniaco. Qualche minimo rallentamento in “Fear Upon Them” fa prendere respiro, anche se il pezzo non è sicuramente qualcosa di rilassante o moderato. E se anche lo fosse, la seguente “Godless” è pura perversione infernale che si riversa in cielo ed in terra, devastando, mutilando, violentando, con cambi di tempo improvvisi, riffing micidiali: pura esaltazione del lato più satanico del black metal. Accenni trionfali immediatamente soppressi e devastati da blast beats disumani su “Thrive In Arrogance”, pezzo che tra i vari cambi di tempo repentini, riesce anche a creare uno scenario di decadente oscurità, oltre che di violenza e furia. Fantastica l’apertura di “This World Must Burn (Hammer Of Supremacy)” dove basso e batteria creano un invito irresistibile verso sentieri pieni di morte e condanna. Tale idea viene riproposta all’interno del pezzo, quasi per dare respiro a parti vocali estreme (come in tutto il disco), sempre tirate, sempre spinte ai limiti. Richiamo death metal su “Through Filth And The Remains Of Man” e “Death (Hunt Them Down)”, mentre un ottimale mix dei due generi, sempre con interessanti divagazioni di un basso iper-distorto sulla conclusiva “Nineteen Corpses Hang In The Mist”. Questo è il lato aggressivo del black. Il lato brutal del black. Il lato più estremo, proveniente da gironi infernali più profondi. Violento ma complesso, elaborato. Non è un black da ascoltare in auto, distrattamente, o con un impianto scadente. Solo un udito raffinato ed un sistema di riproduzione appropriato può rendere giustizia agli oscuri ricami rosso sangue applicati a questo oscuro mantello tessuto per oscurare ogni fonte di luce, ogni speranza, ogni dio, ogni redenzione. Black estremo, puro, geniale che non scende a nessun compromesso.
(Luca Zakk) Voto: 8/10