(Luminol Records) Il mondo della musica è vasto. È emozionale, sicuramente soggettivo. Però ci sono delle cose che sono chiare, delle regole di base. Ecco allora che c’è il tizio che ama un certo artista, che lo trova geniale… ma siamo nell’ambito di gente che manco suona: soggettivo, certo, ma vorremo parlare di musica. Quindi si entra in un mondo serio, artistico… e magari pure in ambito heavy metal; ecco allora la band con il chitarrista mostruoso, iper veloce, con il batterista iper tecnico nascosto dietro una batteria grande come un transatlantico, il bassista virtuoso con un basso a otto corde… tutti musicisti favolosi, apparentemente stilisticamente irraggiungibili… ed ecco che salta fuori la band sconosciuta fatta da chitarra sottomarca, basso a quattro corde economico e batteria minimale, una band che suona in un modo tale da far sembrare quelli di prima più fumo che arrosto. Diavolo, “Sultans of Swing”, dopotutto è di quello che parla, giusto? Ma continuiamo a esplorare: ci sono poi quelli che mescolano i generi, che vanno oltre, che sono tecnica pura, fantasia totale, e a un certo punto diventa necessario aggiungere, in tutto questo sciame di suoni, po’ di Jazz, il genere musicale più complicato in assoluto, pertanto siamo ancora lontani dall’impossibile. Infine c’è la band del chitarrista milanese Samuel Boni, il quale con i suoi compagni di merende ci provoca con dichiarazioni potenti! Dichiarazioni che sembrano confezionate ad-hoc per promuovere un nuovo disco nel mondo del rock! Ecco allora ‘debutto dal vivo’… tanto per mostrare che questi vanno ben oltre la tanto affasciante presa diretta in studio! E siccome loro suonano per un pubblico (che si fa sentire) senza sbagliare una nota, si permettono di registrare il tutto trasformandolo in album! Poi se ne escono con un ‘concerto classico che fa dialogare metal e jazz’ e pure un ‘passando per prog-fusion e jazz-rock zappiano’, affermazioni che fanno eccitare ogni fans di qualsivoglia produzione ad alto contenuto tecnico (nell’ambito rock e metal, parliamo di avant-garde, di prog, di solisti virtuosi, ecc…). Anche il titolo non scherza: quel ‘distorted’ che parla chiaro, che tocca il rockettaro su un punto erogeno, perché senza distorsione non possiamo stare (magari poi restiamo ipnotizzati da una band doom che apre una parentesi con una chitarra unplugged affiancata ad un pianoforte con violini in sottofondo). Insomma Samuele provoca, fa capire che la sua roba è molto diversa, è un passo o due in avanti… ma ci tiene a diffondere tranquillità affermando in qualche modo che qui il metal c’è ancora. Ma sono tutte bugie. Se c’è il metal è una componente di uno sciamo compositivo e sonoro superlativo, una componente che si aggiunge a tutte le numerose altre! C’è quel riff che messo altrove sarebbe metal. C’è quel cambio di tempo che in un brano rock appesantirebbe la progressione. C’è quel lick di chitarra che in un assolo metal sarebbe strabiliante… ma sono dettagli. Piccoli dettagli che compongono una dimensione artistica sublime. Questa è musica che pensa. Questo non è rock, non è prog, non è chissà quante altre cose. E non è nemmeno jazz, perché forse il jazz nemmeno esiste… è termine troppo riduttivo per descrivere una galassia di approcci musicali semplicemente sconfinata… alla quale la SAMUEL BONN HEAVY BAND appartiene. Ma allora cos’è “Distorted Jazz-Guitar Concerto”? Un capolavoro di genialità, perché l’infinità complessità musicale che propone riesce a sedurre anche chi questa musica solitamente non l’ascolta. Incredibile? Certo… ma… provare per credere!

(Luca Zakk) Voto: 10/10