(Limb/Audioglobe) MetalHead si è già occupata degli irlandesi Sandstone al tempo del loro terzo album (QUI): li ritroviamo al momento del quarto pressappoco con le stesse caratteristiche, per un power/prog abbastanza dinamico ed effervescente, che non fa mai gridare al miracolo ma sa intrattenere l’ascoltatore grazie a qualche tocco di intraprendenza. “Almost grateful”, opener atipica in quanto lunga ben sette minuti, è un power/prog incalzante, dove è bella l’interpretazione vocale di Sean McBay e le melodie non sono soffocanti. “Winter” ha una atmosfera di classe, mentre di “Red Mist” è ben concepita soprattutto la sezione ritmica, a tratti in apparente controtempo. Epica la lunga “Monument”, uno di quei brani che ti fanno sognare con la loro sezione d’archi in sottofondo; “Fortress” diventa principalmente uno sfoggio di tecnica labirintica. “Transgression” è una ballad per nulla accomodante e melensa; si chiude con la lunga (nove minuti) “Vitruvian Man”, con l’interpretazione vocale, come al solito graffiante, di un’ospite di eccezione come “Ripper” Owens. Il brano evita i più comuni difetti di questo tipo di suite (soprattutto quello di volerci inserire dentro qualunque cosa) ed ha uno sviluppo organico e insistente fino al finale, quasi in dissonanza. Un album che certamente non demerita!
(Renato de Filippis) Voto: 7/10