(MIG Music) Klaus Schulze è una leggenda, i suoi albori da musicista si perdono in un’epoca in cui la musica era spinta verso un’espansione che l’avrebbe poi trasformata. Lui è stato una di quelle forze propulsive che contribuito a renderla una vera forma d’arte, un mezzo di comunicazione. Un qualcosa di bello. Terza data di un tour del 2009, dopo Berlino e Varsavia, il secondo è il “Big In Europe Vol.2”, questo concerto olandese è stato filmato e riversato in DVD, accompagnato da un altro DVD contenente un documentario e due CD. Insieme a Lisa Gerrard, cantante dei Dad Can Dance, e il suo muro di synth, computer, oscillatori e apparati elettronici, Schulze crea una serie di sinfonie elettroniche con dimensioni del suono che sembrano senza tempo. La voce della Gerrard si sprigiona come un’essenza e Klaus l’avvolge di elettronica con cura e fantasia. Le immagini sono statiche, i colori sono vivi, l’occhio della camera sui particolari, le espressioni di Klaus e le reazioni del pubblico vengono direttamente catturate, rendendo umana una situazione sonora che sembra provenire da altri mondi e tempi. Il documentario è “Moogumentary part.2” di James L.Franchon un regista e produttore francese che ha realizzato il filmato con estratti dei concerti, session in studio, impressioni, ricordi e descrizioni dello stesso Klaus Schulze, non solo sul suo attuale lavoro, ma anche dei focosi e avanguardistici anni ’70. Non meno interessanti le impressioni di Tom Dams, il tecnico elettronico del musicista tedesco. L’ex collega di Schulze, ovvero Edgar Froese dei Tangerine Dream, ha descritto perfettamente cosa vuol dire assistere ad un’esibizione del suo amico. Le sue parole sono stampate all’interno della confezione:
“Non c’è niente di più eccitante per un giornalista musicale, appassionato che sperimentare un completo tour di Klaus Schulze dietro e di fronte al palco. Trascurando l’atmosfera rilassata e familiare in tutta la squadra, così come il constatare il lavoro altamente professionale, c’è un senso di avventura al di sopra di tutti gli aspetti artistici. Mentre altri musicisti per lo più variano il loro repertorio con sfumature, ogni performance di Klaus Schulze è difficile da prevedere. Il suo ex compagno di band Edgar Froese (Tangerine Dream) una volta dette una bella immagine per descrivere il suo modo di improvvisare sul palco con gli strumenti elettronici, “È come un lancio con il paracadute in cui non si può essere sicuri se il paracadute si aprirà o meno.” Questo era particolarmente vero durante il periodo degli imprevedibili sintetizzatori analogici ma Klaus ha mantenuto lo stesso metodo di lavoro nel corso degli anni senza apportare alcuna modifica. E questo che l’ha reso uno dei pochi musicisti che hanno salvato l’arte di improvvisare durante la transizione dall’analogico al digitale. Il paracadute è stato davvero messo in sicurezza, ma sono il momento, l’atmosfera e l’ambiente – oltre al pubblico, che decidono in quale direzione andrà e quanto profondo e sostenibile diventerà il concerto. Durante il tour era profondamente affascinante vivere l’atmosfera di in ogni città, venue e rispettivo pubblico, e, allo stesso tempo di come l’interazione tra Klaus Schulze e Lisa Gerrard veniva trasferita dal palcoscenico al pubblico e viceversa. Ogni concerto veniva percepito come una premiere, un evento unico, irripetibile, musicale, ed emotivo allo stesso tempo. Il punto più alto definito però è stato il concerto di Amsterdam. Forse perché era il terzo concerto del tour dopo Varsavia e Berlino e tutti i soggetti coinvolti erano già rodati alla perfezione. Ma questo non spiega la magia e la drammaturgia mozzafiato di tutta la prestazione. L’interazione non verbale e profondamente emotiva tra Klaus Schulze e Lisa Gerrard è stata raramente omogenea, come in questo concerto: un impressionante e comprensibilmente crescente senso di “Sofferenza”. Al fine di mantenere l’immagine dal paracadute citata sopra, questo è stato un tuffo nel vuota da alta quota attraverso paesaggi mai visti prima. Quando ho sentito le prime registrazioni solo pochi giorni dopo che il concerto ha avuto luogo, sembrava tanto perfetta quanto irreale, che mi sono chiesto se il concerto fosse davvero mai accaduto. Lo era.” Ecki Stieg, 2014 (trad. di Discoclub 65)
(Alberto Vitale) Voto: 8/10